Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina: — L’attacco delle bande terroristiche ad Aleppo è un piano sionista e occidentale per minare la stabilità della Siria e il suo ruolo nel sostenere la resistenza
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina condanna fermamente l’attacco infido condotto dalle milizie terroristiche e dalle fazioni armate alleate sulla città siriana di Aleppo. Questo assalto è supervisionato direttamente dall’entità sionista in coordinamento con l’amministrazione statunitense e i suoi delegati. L’attacco mira a destabilizzare la Siria, minare la sua sovranità e integrità territoriale e indebolire il suo ruolo fondamentale nel sostenere la resistenza in Palestina e Libano.
L’entità sionista e i suoi alleati stanno tentando incessantemente di ostacolare la resistenza e la sua profondità araba e regionale prendendo di mira la Siria e gettandola in un caos rinnovato. Questa pericolosa e continua escalation include i bombardamenti dell’entità sionista sui valichi di frontiera e sui territori siriani. Non è una coincidenza che ciò coincida con l’ingresso di milizie terroristiche ad Aleppo come strumenti nel piano per dividere la Siria.
Il Fronte Popolare riafferma la sua piena solidarietà con l’unità, la sovranità, il ruolo e la posizione della Siria. Invita le forze alleate a restare unite per sventare i sinistri piani che mirano al dominio, al controllo e alla sottomissione della regione e dei suoi popoli, con la Siria al centro.
Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
Dopo “ DIETRO I FRONTI “ e “SUMUD”, le edizioni Sensibili alle foglie ci porta, attraverso Samah Jabr con “ IL TEMPO DEL GENOCIDIO “, dentro ciò che l’entità sionista sta compiendo nei confronti del popolo palestinese. Dire che quanto avviene è un qualcosa di mai accaduto prima, che ci fa restare frustrati ed inadeguati, che non possiamo accettare che ancora qualcuno possa dire :“non lo sapevo”; dire:“cos’altro deve accadere per scuotere la coscienza collettiva?”; voltarsi dall’altra parte, tutto questo è certamente giusto.
Allo stesso tempo leggere il contributo di Samah ci rende ancor di più consapevoli del fatto che la solidarietà internazionale verso i palestinesi è quanto mai necessaria ed indispensabile; che la solidarietà verso il popolo palestinese è terapeutica per tutti noi, è un imperativo morale ed etico, che la loro resistenza è sostegno ed aiuto anche per noi, e coniugare questi due aspetti può essere un percorso proficuo per mettere fine alla più lunga e sanguinosa occupazione attualmente in corso, la solidarietà rende i palestinesi consapevoli del non sentirsi soli.
La solidarietà ha un potere curativo reciproco. L’essere impegnata nel campo della psichiatria, Samah dirige l’unità di salute mentale del Ministero della Sanità palestinese, fa sì che quanto descritto sia inserito in un contesto storico di quanto avviene. Se vi è ancora bisogno di capire che quanto ci viene raccontato dalla propaganda di guerra: “tutto è iniziato il 7 ottobre” è pura demagogia utile solo a far schierare l’opinione pubblica a sostegno dell’entità sionista delle complicità occidentali, leggere “Il tempo del genocidio” ci permette, con una descrizione lucida, di valorizzare ulteriormente il perché ci schieriamo da una parte, quella di chi non accetta di vivere da schiavi e si ribella, nonostante che Gaza venga lasciata morire. Poco sopra dicevo della sua descrizione lucida, ma mi sento di aggiungere che niente concede. Lei, del ministero della sanità palestinese, non si sottrae, con un notevole pensiero critico, al criticare quanto di negativo si annidi all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese, dall’illusione degli accordi di Oslo alla conseguente delusione, e del vivere quotidiano in Palestina, con il patriarcato, il sessismo, andando al di là dell’occupazione. Un popolo, quello palestinese, che è stretto tra il sopravvivere e la resa all’oppressore. Samah è ben cosciente del suo contributo alla lotta di liberazione e del volerne dare mano.
Samah ci rende chiaro, in tutto e per tutto, cosa significhi Gaza: una prigione a cielo aperto con le sue infrastrutture deteriorate, le strade distrutte, gli spazi abitativi sovraffollati, la povertà, l’anemia, l’insicurezza alimentare, l’assenza di carburante, di elettricità, di assistenza sanitaria, dove dire: “non ci sono luoghi sicuri” è la normalità e nei volti di chi sta sopravvivendo è fotografata la schiavitù moderna, dove si va accentuando il consumo di droghe e l’abbandono scolastico con tutto ciò che comporta, i suicidi in aumento e la perdita di un positivo desiderio tra i giovani. Samah usa la lente della psichiatria per leggere lo stato d’animo degli oppressi, mette mano a Fanon, entra dentro i meandri della salute fisica e mentale dei palestinesi, quello che i palestinesi vivono è un trauma psicologico e collettivo che è il risultato di decenni di oppressione, di violenza, umiliazione, ingiustizia. Detto questo, ovviamente Samah non può non riconoscersi nel diritto di un popolo occupato a resistere. Un diritto sia legale dal punto di vista della legge internazionale e sia un diritto umano basilare, perché dove c’è oppressione ci sarà sempre resistenza. A proposito di resistenza, Samah evidenzia il significato dello sciopero della fame portato avanti dai prigionieri politici palestinesi come ultimo tentativo di opporsi alla sopraffazione.
L’aspetto che più dobbiamo far emergere dalla lettura di queste pagine, e lo vediamo in questi lunghissimi mesi, è che i palestinesi non si considerano assolutamente vittime ma soggetti attivi e combattenti per la libertà, terminologia che piacerà sicuramente agli statunitensi come il passato ci insegna. Quanto avviene in Palestina non è la «guerra» che ci viene propinata, ma bensì la guerra alla storia palestinese, è parte della guerra alle menti, la continua, e per certi versi silenziosa pulizia etnica per riscrivere la storia. Non è un caso che l’occupazione scelga di distruggere i simboli che sono psicologicamente importanti per la resistenza e la memoria collettiva, in un odioso tentativo di memoricidio.
Ma l’occupazione non fa uso solo di questo; la fame come arma di guerra; la distruzione delle infrastrutture essenziali, del sistema sanitario, la carestia per compromettere lo sviluppo mentale e fisico dei bambini, le sepolture negate come arma psicologica per immettere una sensazione di impotenza in coloro i quali la subiscono, il sopravvivere che se può sembrare un qualcosa di positivo, in realtà è un qualcosa che trasmette profondo disagio psicologico; la tortura, attraverso le finte fucilazioni, la detenzione in condizioni umilianti e degradanti, la privazione del sonno ecc … con i traumi fisici e psicologici che trasmette per spezzare la resistenza e creare impotenza, far perdere la stima di sé e creare un clima di diffidenza all’interno della comunità di appartenenza, il bendare gli occhi non solo per non identificare i torturatori ma come deprivazione sensoriale creando, così, gravi problemi di salute mentale e conseguenze traumatiche de umanizzando la vittima; le punizioni collettive privando la popolazione dei beni di prima necessità.
Quanti immagini abbiamo visto in questi mesi che ritraggono gli occupanti in modalità festeggiante dopo aver compiuto molteplici nefandezze, ebbene non siamo in presenza di killer psicopatici ma bensì di chi prova piacere e/o gratificazione psicologica nel dare ad altri dolore e/o sofferenza. All’inizio abbiamo parlato del 7 ottobre, non potevamo non farlo visto il continuo, assillante martellante, propinare la narrazione di quel fatto; ma se vogliamo dare una corretta lettura di quei fatti, perché non dire che si è passati dall’umiliazione alla vendetta contro tutto ciò che è palestinese. Certo l’esempio è palestinese, ma la lezione non può che essere globale. Quanto avviene in Palestina è una lotta che non potrà che proseguire fino a quando la Palestina non sarà libera ed arrivare a far sì che le tendenze sadiche dell’occupante siano rimosse e trionfi l’umanità di coloro che lottano per la liberazione.
“Sinistra Progetto Comune ha avuto la fortuna di condividere questi anni di esperienza istituzionale”
Dmitrij Palagi – Sinistra Progetto Comune
Anna Nocentini è stata Consigliera comunale di Firenze per Rifondazione Comunista.
Il suo impegno politico è proseguito anche dopo l’esperienza istituzionale, anche nel lavoro con il gruppo di Sinistra Progetto Comune, nella consiliatura precedente e in quella in corso.
Lunedì chiederemo di poter effettuare una comunicazione per testimoniare la gratitudine della Città.
Da due anni ha dovuto affrontare la SLA. Ha fondato ed è stata presidente di ADINA – Associazione per la difesa dei Diritti delle persone Non Autosufficienti. Come ha scritto nel suo ultimo appello al voto: ha visto la sofferenza e ha dovuto imparare a soffrire.
Anche lei, così vicina ai diritti delle persone malate e anziane, si è dovuta ritrovare con piena lucidità ad attraversare una condizione di bisogno. Anche in quella condizione ha continuato a seguire i lavori del Consiglio comunale. Una dedizione politica esemplare, che non svanisce con lei, ma rimane a darci forza in tempi difficili.
Era comunista e cattolica. Le due cose non si sovrapponevano, ma arrivavano alla stessa finalità, di vicinanza alle persone, senza superficiale moralismo, ma con un’etica non scalfibile da nessuna avversità, con il senso delle comunità e dell’appartenenza.
Tra i tantissimi impegni vogliamo ricordare anche i presidi settimanali sotto la Prefettura, interrotti solo con l’arrivo della pandemia. Anche in quei momenti portava il suo corpo e la sua voce, per contestare le politiche disumane in ambito migratorio, che hanno contraddistinto tutti gli ultimi governi. Si tratta solo di un tassello che si inserisce nella militanza piena che ha portato avanti dentro il Partito della Rifondazione Comunista e la CGIL.
La sua integrità e le sue capacità sono sempre state riconosciute anche da chi la pensava in modo diverso da lei, per questo il saluto grato sentiamo di poterlo fare a nome di tutta la Città.
Un abbraccio in particolare alla famiglia e a chi vive questa giornata di dolore. Per coloro che volessero portare un saluto estremo ad Anna, i funerali si terranno giovedì 21 novembre 2024 alle ore 10:00 presso la Comunità delle Piagge a Firenze.
Il 29 novembre, i COBAS, insieme agli altri sindacati conflittuali ADL, Clap, Sial, hanno proclamato lo sciopero generale dei lavoratori/trici di tutti i settori privati e pubblici, per l’intera giornata, contro le politiche economiche e sociali del governo Meloni. Le richieste principali dei COBAS riguardano massicci investimenti nei settori pubblici di Sanità, Scuola, Università, Trasporti, Servizi di assistenza e il taglio drastico delle spese militari; la stabilizzazione di tutti i precari/e e dei lavoratori/trici in appalto della P.A.; Il rinnovo dei contratti pubblici e privati con aumenti salariali che recuperino totalmente l’inflazione reale; l’adeguamento delle pensioni alla inflazione e l’abolizione della legge Fornero; la riduzione dell’orario di lavoro e l’introduzione per legge del salario minimo; la tutela reale della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; significativi investimenti per la protezione dell’ambiente e il risanamento dei territori; la libertà di movimento, i diritti di cittadinanza e l’abolizione della Bossi Fini. Lo sciopero è altresì indetto contro le politiche economiche e fiscali della legge di bilancio per il 2025; Il D.d.l. (Sicurezza) n. 1660 che criminalizza il conflitto sociale; l’Autonomia differenziata che acuisce le differenze sociali tra i territori e tra i cittadini/e delle diverse regioni; la guerra e l’economia di guerra; il blocco del turn over nella P.A. e il taglio di 8000 posti di docenti e ATA nella scuola; la privatizzazione delle aziende energetiche, delle Poste, delle Telecomunicazioni, del trasporto pubblico, dei servizi di igiene ambientale, della Sanità, dell’istruzione, per la ripubblicizzazione di quelle già privatizzate; gli appalti e subappalti che precarizzano il lavoro e regalano profitti alle imprese private; le discriminazioni, molestie e ricatti sessuali nei luoghi di lavoro. Nella stessa giornata hanno convocato lo sciopero generale anche altri sindacati di base (CUB e Sgb). Allo sciopero parteciperanno strutture e movimenti ambientalisti, femministi/transfemministi, studenteschi e dei Centri sociali, con i quali, oltre che con gli altri sindacati di base, organizzeremo manifestazioni territoriali nelle principali città. A Roma corteo da P. Indipendenza (ore 9.30) a P. Barberini. Piero Bernocchi portavoce Confederazione COBAS
💥𝐔𝐧 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐢𝐭𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚: 𝐝𝐨𝐦𝐞𝐧𝐢𝐜𝐚 𝟏𝟕 𝐧𝐨𝐯𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞, 𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢𝐫𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐡 𝟏𝟎.𝟑𝟎, 𝐏𝐢𝐚𝐳𝐳𝐚 𝐏𝐨𝐠𝐠𝐢, 𝐅𝐢𝐫𝐞𝐧𝐳𝐞 💥Assemblea dell’azionariato popolare, rivisitazione di tre anni di lotta, evento di festa e rabbia.
🛠 Ogni azienda in crisi è una ragione in più per non perdere alla ex Gkn. Perché “loro” hanno bisogno di farci perdere, per continuare a dimostrare al mondo che non c’è alternativa. Che non c’è alternativa a licenziamenti, precariato, a una industria che ti lascia a casa disoccupato oppure ti chiama a produrre merda, con contratti di merda.
⚡E Abbiamo da spiegare, fare il punto, narrare, ricordare, denunciare, cantare, gridare. E il 17 novembre proveremo a farlo a modo nostro, facendo convergere il tutto.
👉 h A partire dalle h 10.30. E poi? Qualcosa di botto e senza senso? Dove? Piazza Poggi, Firenze, sotto la Torre di San Niccolò.
⛈ In caso di maltempo, sarà comunicato eventuale cambio di luogo sui canali social, su info Gkn, su insorgiamo.org
👉 PRENOTA LA TUA PRESENZA SUL FORM DI PARTECIPAZIONE ✍ https://forms.gle/aqHhzGfUsAyCrQNQ6
👊 h 10.30-15.30 Assemblea dell’azionariato popolare e della rete solidale e interventi artistici su tre anni di lotta.
🔥 Con (lista in aggiornamento): Kepler-452, Militanza Grafica, Benedetta Sabene (@non mi piaci), Francesca Coin, Christian Raimo Raimo, Gea Scancarello, Andrea Roventini, Wu Ming, Alberto Prunetti, Elio Germano, Niccolò Falsetti, @Francesco Turbanti, Emiliano Pagani, intervento di EMERGENCY, oltre naturalmente ad associazioni, organizzazioni sindacali e tutt_ le/gli azionisti popolari.
💣 Dalle 15.30, festa e rabbia (lista in aggiornamento…). Con Dutch Nazari, con Luca Sicket e Matteo Di Giuseppe, Gianluca Spirito, (Modena City Ramblers), Romanticismo Periferico, Errico Canta Male, ZULU 99 Posse Official, Mauràs, Gli Ultimi
La foto di gruppo dei Capi di Stato a Kazan, ospite Putin, assieme al segretario Onu è sicuramente un coreografico messaggio forte che la dice lunga sui nuovi equilibri che vanno delineandosi Quando la sigla “Brics” venne coniata più di vent’anni fa, voleva solo sottolineare quanto quei cinque paesi “emergenti” – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – avessero il potenziale di correre. Non un’unione, né un’alleanza, era solo un acronimo buono per economisti e analisti finanziari. Un ventennio dopo, una nuova realtà geo-politica va formandosi, e i “mattoni” pare vadano costruendo un muro attorno all’Occidente. La foto di gruppo dei Capi di Stato a Kazan, ospite Putin, assieme al segretario Onu è sicuramente un coreografico messaggio forte che la dice lunga sui nuovi equilibri che vanno delineandosi. Del resto, i dati della stessa Banca Mondiale confermano che l’economia mondiale, un tempo dominata dagli Stati Uniti, è ormai decisamente multipolare: una realtà, questa, che gli strateghi americani non riescono né a riconoscere, ad accettare o finanche ad ammettere. Nel 1994 dai Paesi del G7 veniva il 45,3% del prodotto mondiale, laddove i Brics+, che oggi includono Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi, non arrivavano al 19%. Oggi, questi hanno il 35,2%, contro il 29,3% dei G7.
L’economia cinese è già di un quarto più grande di quella USA – con un prodotto pro-capite del 30%, però – e tre delle cinque economie maggiori sono Brics e solo due nei G7. Anche il potere globale, poi, si sta spostando. Gli USA e i suoi alleati, che avevano il 56% del Pil mondiale nel 1994, hanno oggi meno del 40%, e l’influenza globale degli Stati Uniti non fa che diminuire di giorno in giorno. Prova ne è, ad esempio, l’esito delle sanzioni applicate alla Russia nel 2022, cui nessuno dei Paesi non alleati ha aderito. Come ha sottolineato Jeffrey Sachs, gli Stati Uniti stanno usando il sistema monetario internazionale – imperniato sul dollaro – come un’arma, per sanzionare gli avversari, «confiscando le riserve di Iran, Venezuela, Corea del Nord e Afghanistan e ora Russia. Perché gli altri Paesi dovrebbero ricorrere alle banche americane? È chiaro che, così facendo si mina il sistema internazionale». «Le sanzioni Usa violano il diritto internazionale, non essendo sancite per decisione dell’Onu. L’allargamento dei Brics non farà che porre fine all’egemonia del dollaro». Non dovrebbe sorprendere, quindi, se ora Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Indonesia, Kazakistan, Malesia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Uganda, Uzbekistan e Vietnam vogliano entrare nel nuovo club.
Ora pare che i Brics vogliano fare sul serio. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Vedant Patel ha criticato i progetti annunciati a Kazan di creare una valuta globale alternativa al dollaro e al sistema di transazioni Swift: «Minare il ruolo del dollaro e sviluppare alternative allo Swift è una minaccia diretta alla democrazia nel mondo. Gli Stati Uniti, ovviamente, non possono permettere che ciò accada». A parte il “non sequitur” dell’affermazione di Patel – che c’entra l’alternativa al dollaro con la minaccia alla democrazia? – il nervosismo americano è evidente. Gli Usa continuano a perseguire una strategia di “primazia” in ogni regione del mondo – militare, oltreché economica – ma questa appare sempre più “fuori dalla storia”. Economicamente, gli USA sono sempre più “piccoli”, mentre l’Occidente, sotto la loro guida, appare sempre più isolato. Anche perché la convergenza economica globale implica che l’egemonia Usa non sarà sostituita da un’egemonia cinese. La Cina raggiungerà un picco, dopodiché sarà seguita dall’India e da altri Paesi: andiamo verso un mondo multipolare, in cui i pesi geopolitici saranno distribuiti. Perché ostinarsi a volerlo dominare? Se si vuole davvero “esportare la democrazia” non lo si può fare a suon di bombe, né si può pensare di controllare il sistema Swift usando il dollaro come unica moneta di scambio: sul palco dell’economia ci sono altri attori oggi, che saranno protagonisti, e il potere di Washington non potrà più estendersi come un mantello sul resto del mondo.
Che gli Usa arrivino a minacciare apertamente i Brics+, il consorzio di paesi che progetta di sottrarsi al potere egoista e sanzionatorio del dollaro, è cosa nuova e molto pericolosa perché l’approdo non potrà che essere, ancora una volta, la guerra, quella cosa che piace tanto a Washington come mezzo per regolare le controversie fastidiose e intervenire in Paesi dove ci sono autocrati che non sono amici. Stiamo entrando in un mondo post-egemonico, multipolare. Che, certo, può essere fragile, dando luogo a una nuova “tragedia delle grandi potenze”, in cui le potenze nucleari competono, invano, per l’egemonia. Ma potrebbe anche portare a un mondo in cui i grandi agiscono con mutua tolleranza, o anche in cooperazione, perché riconoscono che solo così si può rendere il mondo sicuro nell’era nucleare. Bisogna volerlo, però, e spingere perché si realizzi.
🔴 Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina: — Il Fronte Popolare elogia lo scontro dei sostenitori della Palestina nei Paesi Bassi per aver contrastato i tentativi dei sionisti di bruciare la bandiera palestinese, affermando che l’entità sionista è diventata isolata e vilipesa a livello globale.
Il Fronte Popolare elogia la consapevolezza dei sostenitori e dei promotori del popolo palestinese nei Paesi Bassi, che hanno coraggiosamente sventato un tentativo da parte di un gruppo di tifosi sionisti di bruciare la bandiera palestinese dopo aver lasciato una partita di calcio, diffondendo caos e vandalismo nelle strade di Amsterdam.
Questi eventi sottolineano il crescente rifiuto popolare dell’entità sionista, che è diventata un paria sulla scena mondiale.
Queste azioni dei sostenitori dell’entità sionista sono semplicemente un’estensione del sistema di genocidio coloniale e razzista che l’entità rappresenta, esponendo la falsa narrazione della “vittima” che l’entità sionista e i suoi sostenitori tentano di promuovere al mondo, mentre i suoi crimini e le sue bugie vengono sempre più rivelati.
Ciò che è accaduto nei Paesi Bassi è un chiaro messaggio che indica l’aumento della solidarietà globale con il popolo palestinese e la rabbia crescente verso le posizioni ufficiali europee che sono complici e a sostegno dell’entità sionista.
Il Fronte Popolare chiede di espandere questo stato di solidarietà globale, continuando le campagne per smascherare le bugie sioniste, contrastando la loro falsa narrazione e lavorando per isolare questa entità fascista e razzista, boicottandola a tutti i livelli politici, mediatici, culturali e sportivi.
Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina Central Media Bureau 8 novembre 2024
Pagine Esteri, 8 novembre 2024. Il parlamento israeliano ha approvato, lo scorso 6 novembre, due leggi riguardanti nuove pene e misure detentive per i cittadini accusati di “terrorismo”, destinate cioè ai palestinesi con cittadinanza israeliana.
Le nuove norme permetteranno la deportazione di intere famiglie e la detenzione, anche con la pena dell’ergastolo, dei bambini sotto i 12 anni di età.
Le famiglie dei palestinesi d’Israele accusati di aver compiuto “atti di terrorismo” potranno infatti essere deportate al di fuori dello Stato ebraico, a Gaza o altrove. L’allontanamento forzato potrà durare dai 7 ai 15 anni per i cittadini israeliani e dai 10 ai 20 anni per i residenti.
Per applicare la nuova legge, le persone indicate dalle autorità di Tel Aviv come “agenti terroristici” non dovranno per forza di cose essere stati condannati ma basterà la formulazione dell’accusa o, addirittura, il sospetto durante la custodia sotto detenzione amministrativa. La norma consente, in questi casi, l’espulsione se si presume che un membro della famiglia sia a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere un atto di terrorismo pianificato, lo abbia sostenuto o abbia espresso pubblicamente elogi, simpatia o incoraggiamento per l’atto. Le accuse di “terrorismo” sono rivolte agli arabi israeliani, mentre per i cittadini ebrei di Israele viene applicata la legge “standard”. Il sistema giuridico a due livelli applicato dai governi di Tel Aviv è al centro, da anni, di condanne e accuse da parte di numerose organizzazioni che si occupano di diritti umani e delle associazioni che monitorano nello specifico i diritti della comunità dei cittadini arabi di Israele.
A questi ultimi è destinata anche la seconda legge approvata mercoledì 6, dedicata nello specifico ai cittadini israeliani al di sotto dei 12 anni condannati per omicidio o tentato o tentato omicidio classificati come “atto di terrore” o collegati a una “organizzazione terroristica”. I bambini arabo-israeliani potranno ora essere detenuti e condannati all’ergastolo, mentre i minorenni ebrei israeliani sono sottoposti alle normali accuse e procedure penali, che escludono la detenzione per i minori di 14 anni (che possono essere ospitati in strutture di recupero) ed esentano i minori di 12 anni da qualsiasi tipo di responsabilità penale. Per i 12enni palestinesi dei territori occupati, al contrario, già sottoposti alla legge militare, è consentito l’arresto.
L’organizzazione indipendente per i diritti umani, il centro legale Adalah, ha dichiarato che la Knesset istituzionalizza politiche di apartheid: “Il recente passaggio di queste leggi segnala una pericolosa escalation nella repressione di Israele sui diritti palestinesi, inquadrata con il pretesto dell’antiterrorismo. Queste misure consentono allo Stato di punire collettivamente i palestinesi – sia cittadini di Israele che residenti di Gerusalemme Est occupata – autorizzando la deportazione di intere famiglie e sottoponendo minori di 12 anni a severe pene detentive. Queste leggi incarnano la punizione e la vendetta, come apertamente notato dai legislatori israeliani. Attraverso queste leggi, Israele radica ulteriormente il suo sistema giuridico a due livelli, con una serie di leggi per gli ebrei-israeliani sotto il diritto penale e un’altra, con diritti inferiori, per i palestinesi con il pretesto dell’antiterrorismo. Incorporando politiche simili all’apartheid nella legge, la Knesset ha ulteriormente istituzionalizzato l’oppressione sistemica, in violazione sia del diritto internazionale che dei diritti umani e costituzionali fondamentali”. Pagine Esteri
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