Uscire dal tatticismo, rilanciare Rifondazione Comunista come protagonista dell’alternativa al sistema di guerra e austerità.
La tornata elettorale europea si è conclusa con uno spostamento a destra del quadro politico. In
questo contesto si delinea il profilo politico della maggioranza di Popolari e Socialdemocratici, che
in accordo con i Liberali, eleggono Ursula von der Leyen Presidente della Commissione Europea
per il secondo mandato. Questo accordo fra centrosinistra e centrodestra europeo ha grande
compattezza sui temi della austerità, della sicurezza e del sostegno economico e militare alla guerra
contro la Russia, e una prospettiva stabile, anche perché ha a disposizione, avendole già preparate,
alleanze variabili a destra e con i verdi, con chi insomma condivide fedeltà alla Nato e appoggio
all’Ucraina fino alla vittoria. Questo scenario preannuncia oltre che la continuazione della guerra
nel cuore dell’Europa, con possibile allargamento e coinvolgimento di altri paesi, un aumento
vertiginoso delle spese militari, una politica di austerità più severa a discapito dello stato sociale in
una economia europea devastata dalla rottura dei rapporti economici con la Russia, a partire dalla
recessione in Germania. Saranno sacrifici e miseria per i popoli europei e possibile guerra.
In questo contesto occorre registrare con preoccupazione due elementi.
A) In primo luogo, l’incapacità delle forze di sinistra di proporre un orizzonte
complessivamente alternativo alla situazione attuale, a partire da una chiara strategia
contro la guerra, che si prospetta essere, per i prossimi anni, il criterio di divisione tra
forze progressiste alternative al liberismo e all’espansionismo della NATO e le forze
che in Europa come in Italia ripropongono le stesse politiche antipopolari e
guerrafondaie. E ’illusorio e mistificante dire di essere alternativi e
contemporaneamente partecipare ad alleanze elettorali con il PD.
B) In secondo luogo, la preoccupante crescita di forze di destra – tutte connotate da una
proposta politica con tendenze autoritarie ed a volte esplicitamente fasciste – talvolta
portatrici di posizioni critiche verso la guerra.
Ed è proprio questo regime bipolare che governa l’Europa, con le sue politiche guerrafondaie e di
austerità, ad avere aperto la strada e la crescita delle destre estreme.
Per questo Rifondazione deve rigenerarsi politicamente ed organizzativamente, abbandonare il tatticismo esasperato, che ne ha caratterizzato il percorso politico degli ultimi anni, e rimettere a tema la costruzione di un polo alternativo e di classe al partito della guerra e dell’austerità in Italia come in Europa.
In assenza della costruzione di questo polo, che disegni una proposta di alternativa concreta, comprensibile a livello popolare, la dialettica politica in Europa come in Italia rimarrà imprigionata tra il partito unico del sistema bipolare e le destre estreme fasciste: un disastro.
Grande è quindi la responsabilità che abbiamo di fronte, per sconfiggere questa ennesima offensiva
nei confronti dei diritti delle classi popolari a vantaggio dei ricchi e dell’industria bellica, a cui ha
spianato la strada il centrosinistra, con le sue riforme regressive, allargando il consenso alla destra
guerrafondaia e repressiva.
Pace, terra, dignità non raggiunge lo scopo per la quale era nata
Pace, terra e dignità, in quanto lista di scopo volta a creare un movimento largo e non
necessariamente delineato a sinistra, per stessa ammissione del suo fondatore e leader indiscusso
Michele Santoro, non raggiunge lo scopo prefissato del 4% fermandosi a un 2,19%, che non è
paragonabile a liste del passato chiaramente delineate a sinistra e con programmi ben più avanzati.
Una lista per la quale il partito ha compiuto grandi sacrifici e forzature, abdicando ai propri processi
democratici, in favore di linee e candidati calati dall’alto di Servizio Pubblico. Dopo aver presentato
la lista PTD come il possibile veicolo per tornare nelle istituzioni, oggi si sentono disquisizioni sul
risultato comunque positivo della lista, come se nulla fosse. La lista non è mai decollata e il dato
impietoso del voto giovanile e dei settori popolari, segnala il suo totale distacco dalle lotte sociali e
dai movimenti, soprattutto giovanili, che si sono sviluppati in questi mesi a sostegno della Palestina.
Le principali ragioni della sconfitta
In primo luogo, la lista non ha mai perseguito un profilo unitario, plurale, aperto e inclusivo verso soggettività politiche, movimenti e comitati locali contro la guerra e il liberismo. Lo stesso mancato coinvolgimento di UP nella costruzione della lista, frutto in primo luogo di una interlocuzione discontinua e dilazionata e del tutto inadeguata per costruire un percorso unitario, ha rafforzato questo tratto chiuso e autoreferenziale della lista: una lista che nasce da una rottura e non da una azione unitaria. I ritardi e la gestione fortemente personalistica della lista hanno contribuito a rafforzare un connotato ristretto della lista, senza la capacità di presentarsi come uno strumento a disposizione di vasti strati di opposizione alla guerra e al liberismo.
In secondo luogo, la lista ha affrontato il tema della guerra staccato dalle drammatiche questioni economiche e sociali, non riuscendo a interagire con i ceti popolari spinti dalle politiche neoliberiste verso l’astensione, peggio, a votare le forze della destra più estrema. Le questioni del salario minimo – – su cui abbiamo raccolto 70.000 firme – della precarietà, delle pensioni, dell’occupazione, sono rimaste completamente sullo sfondo nella comunicazione pubblica della lista. Invece di coniugare i bisogni materiali degli strati popolari con la necessità di combattere la guerra e l’economia di guerra, la lista si è mossa su un terreno etico che non ha colto per nulla la sofferenza degli strati popolari e il disagio e la voglia di cambiamento dei giovani.
In terzo luogo la lista non ha interloquito significativamente nemmeno con i movimenti sociali e per la pace presenti sul territorio. L’offerta di una candidatura non corrisponde alla proposta di costruire insieme una lista. Le stesse affermazioni sulla NATO non hanno certo dato alla lista quel mordente che era necessario per suscitare passione e celta all’interno dello stesso mondo che si oppone alla guerra a partire dalle giovani generazioni.
Il contesto attuale non deve però spingerci a soluzioni facili e di comodo, abbiamo di fronte un grande terreno su cui lavorare, ad oggi non rappresentato da alcun partito, caratterizzato dall’astensionismo e della mancanza di credibilità, per molte persone, dei due poli dominanti. A questo terreno dobbiamo avanzare una proposta credibile, che metta al centro la pace e la difesa dei diritti sociali a partire dal lavoro, con la messa in discussione di un sistema che vive dello sfruttamento dei nostri corpi, delle nostre vite e del pianeta stesso.
Rifondazione Comunista può rafforzarsi e tornare ad essere percepita come forza politica credibile solo se collocata nello spazio politico dell’alternativa, come motore che porta alla riaggregazione di classe, dei movimenti e di chi non si sente rappresentato.
Tale scopo è la natura fondante della stessa Rifondazione Comunista, altre opzioni comporterebbero il suo scioglimento di fatto, per il venir meno della natura del partito stesso e la chiusura definitiva, per molti anni, di qualsiasi opzione alternativa alle sinistre subalterne alla NATO e al fascioleghismo.
Da questa prospettiva va letta la necessità di non rompere con l’esperienza di Unione Popolare, che con tutti i suoi limiti politici e organizzativi, ha rappresentato un elemento per la ricostruzione di uno spazio politico dell’alternativa.
Il congresso per ridare senso e ruolo a Rifondazione Comunista
Il congresso deve definire in modo chiaro dove vogliamo andare, ridefinendo il progetto politico di
Rifondazione, al di là del tatticismo che ci ha caratterizzato negli ultimi anni. Un congresso che abbia uno spazio reale per la discussione dei circoli, in modo che il corpo del partito, troppo spesso interloquito solo per raccogliere le firme, possa dire la sua e decidere comunemente del nostro futuro.
E’ indispensabile rimettere all’ordine del giorno i compiti difficilissimi che ci attendono: la tenuta e il rilancio del Prc a partire dal massimo impegno per il tesseramento 2024, della sua credibilità messa gravemente in crisi, del suo insediamento politico e sociale e la necessità della riaggregazione di classe e sociale. Si tratta di un compito politico ed organizzativo su cui concentrare le nostre energie da subito, curando il radicamento sociale, le relazioni con i movimenti sociali, evitando adesioni a progetti di altra natura, che lederebbero l’autonomia politica del partito. Il Congresso deve essere posto nella possibilità di decidere sul futuro, evitando di essere posto dinnanzi a fatti compiuti: dallo scioglimento o congelamento di UP all’adesione a nuovi quanto indefiniti progetti politici.
Riteniamo pertanto che il prossimo congresso debba intrecciarsi con un rilancio dell’iniziativa politica del partito e pertanto il CPN impegna tutto il partito:
- A contribuire a rafforzare e allargare lo schieramento democratico che si oppone alla autonomia differenziata e alla introduzione del premierato, a partire dalla nostra posizione politica contro ogni autonomia differenziata, contro il maggioritario e il presidenzialismo, per la difesa della Costituzione. Essere unitari non significa essere sussunti nel centrosinistra. Il modo con cui il Tavolo contro ogni autonomia differenziata ha saputo lavorare e unire posizioni diverse, non rinunciando a chiarire le responsabilità del centro sinistra nella modifica dell’art. V della Costituzione o nel tentativo di dar vita concretamente al percorso dell’autonomia differenziata, è il metodo con cui dobbiamo affrontare questi percorsi unitari contro le destre, a cui saremo chiamati a livello nazionale e nei territori. Lotta comune nella chiarezza dei contenuti e delle prospettive politiche non coincidenti.
- A costruire lotte, vertenze, relazioni sociali e politiche e proposte sugli elementi materiali crescenti di sofferenza sociale (pensioni, salari, sanità, casa) e giovanile, come i movimenti per il clima e i diritti civili, oggi fortemente sotto attacco come per esempio il diritto all’aborto, con l’obiettivo di intersecare queste lotte e rivendicazioni, come l’esperienza della GKN ci ha insegnato. Il centro sinistra costruisce un’opposizione parziale, che di fatto marginalizza questi obiettivi, che invece sono decisivi per la costruzione dell’alternativa,
per il radicamento sociale e per il superamento della passività e del disincanto. Costruire la connessione tra uscita dalle politiche di austerità e lotta contro le spese militari, la NATO e le politiche di guerra è un punto decisivo di questa iniziativa che ponga al centro la difesa delle condizioni di vita e di lavoro degli strati popolari. - A intrecciare in tutti territori la costruzione del conflitto sociale, della lotta per la democrazia e la partecipazione, con la proiezione nelle istituzioni di una proposta politica alternativa ai poli politici esistenti.
- Al rilancio e allo sviluppo della campagna per il salario minimo garantito sviluppata nell’ambito di Unione Popolare col nostro decisivo contributo, da continuare a portare avanti come Partito, così come delle campagne referendarie della CGIL.
- A riprendere la costruzione di un ampio movimento popolare per la pace, che tenga insieme la lotta contro la guerra con quella alle sue conseguenze economiche sui ceti popolari mettendo a valore e connettendo tutte le soggettività politiche e di movimento, a partire dagli studenti, che nelle università lottano per la fine del genocidio in Palestina e per la rottura della collaborazione con le Università Israeliane, da chi fa la campagna
per il boicottaggio dei prodotti palestinesi, a quanti si spendono per il disarmo, la tregua in Ucraina, la lotta per l’uscita dalla NATO, le associazioni di volontariato . Per questo vogliamo far vivere e costruire la parola d’ordine della mobilitazione e dello sciopero generale contro la guerra. - A contrastare il DDL Nordio sulla sicurezza che criminalizza le azioni di lotta dei movimenti sociali.
La lotta contro il tratto fascistoide ed autoritario del governo non può essere confinata negli ambiti scelti dal centro sinistra: la nostra lotta per la democrazia deve essere a tutto campo.
Il CPN impegna in particolare la Direzione Nazionale a predisporre un piano concreto ed operativo di ristrutturazione della comunicazione del partito. La nostra capacità comunicativa è infatti del tutto inadeguata rispetto ai compiti che abbiamo e questo nodo non può essere ulteriormente dilazionato. Giovanna Capelli
Mara Ghidorzi
Nando Mainardi
Riccardo Gandini