La rete territoriale Empolese Valdelsa “No ddl sicurezza”-A Pieno Regime- aderisce alla fiaccolata promossa dalla rete nazionale per impedire che sia approvata in via definitiva la legge del cosiddetto “pacchetto sicurezza”, che è contrario allo spirito e alla lettera della Costituzione.
I becchini della Carta Costituzionale non si trovano solo nella pessima destra italiana. Una sinistra ubriaca di federalismo non potrà opporsi all’autonomia differenziata e al premierato della Meloni.
Federalismo e presidenzialismo sono patrimonio del padronato italiano – Federico Giusti
Ci pare evidente che esista una autentica sudditanza delle forze politiche rispetto al sistema padronale e al grande capitale economico e finanziario, prova ne sia la totale dimenticanza dei diritti sociali, la privatizzazione della sanità e dell’istruzione e le sirene assordanti della previdenza e della sanità integrative che ormai hanno guadagnato consensi anche nel sindacato italiano.
La Cgil ha raccolto le firme per un Referendum contro il jobs act ma non una parola ha speso sulla perdita del potere di acquisto e di contrattazione risultato di quei modelli contrattuali affermatisi con la concertazione sindacale.
Se limitiamo il nostro ragionamento alla riforma presidenzialista non possiamo che menzionare due fatti incontrovertibili, la nascita della seconda Repubblica con l’avvento della elezione diretta dei Sindaci e il sistema maggioritario e oggi a autonomia differenziata senza dimenticare lo smantellamento dell’industria statale attuato da Romano Prodi.
Prima si è fatta strada l’idea del sistema forte e della governabilità e oggi si mira direttamente a costruire un modello che pone fine anche all’idea di sovranità affermatasi con la cacciata del fascismo e della Monarchia.
Ironia della sorte ormai metà degli aventi diritto non vanno alle urne a conferma che il sistema maggioritario è l’esatto contrario di quella partecipazione attiva che si diceva di volere favorire.
I becchini della Carta Costituzionale non si trovano solo a destra, prova ne sia il sostegno alla autonomia differenziata proveniente da ampi settori del centro sinistra, quelli tradizionalmente vicini, o emanazione, delle imprese che poi sono gli stessi artefici delle privatizzazioni e della precarizzazione del lavoro.
L’attacco finale è arrivato in questi giorni con il presidenzialismo del “Capo del Governo” che attribuisce pieni poteri all’Esecutivo e al presidente del Consiglio, il potere del popolo in ambito democratico si riconosceva nella forma del governo Parlamentare elaborato a suo tempo dalla assemblea Costituente, diventa quindi realtà il disegno strategico sostenuto tradizionalmente dalle destre e da ampi settori del padronato.
Qualche analogia con quanto accadde con l’avvento del Fascismo sarebbe probabilmente tacciabile con i peggiori epiteti, eppure a pensar male talvolta ci si indovina.
Quanto non era riuscito a Renzi e a Berlusconi, bocciati sonoramente ai Referendum nel 2008 e nel 2016 è stato possibile con il Governo Meloni.
Le mire presidenzialiste hanno sempre mosso i disegni delle destre tanto che all’indomani della cacciata del fascismo tanto il presidenzialismo quanto il federalismo erano stati esclusi come emblemi di un potere autoritario, con Mani Pulite e i disegni strategici del padronato sono tornati invece di moda guadagnando consensi anche nelle forze di centro sinistra che in teoria dovrebbero difendere la Carta Costituzionale.
La difesa astratta della Costituzione, come anche dell’antifascismo, restano quindi un bagaglio ideologico inutilizzabile in presenza dello stravolgimento della stessa Carta e per tutti quei processi di rafforzamento dell’esecutivo e delle associazioni datoriali avvenuti da 40 anni ad oggi.
Meloni raccoglie solo i frutti di politiche servili al grande capitale e non sarà certo la riconquista di qualche Ente locale ad invertire la tendenza in atto.
L’esponente di Rifondazione Comunista e ex Ministro, durante la sua partecipazione alla rubrica quotidiana “Buongiorno Italia” di Casa Radio, ha espresso una forte opposizione al disegno di legge sulla riforma dell’autonomia differenziata, approvato recentemente dalla Camera dei Deputati. Nel recente dibattito politico italiano, la riforma sull’autonomia differenziata ha suscitato forti reazioni. Paolo Ferrero, figura di spicco di Rifondazione Comunista e già ministro, non ha esitato a esprimere il suo deciso dissenso in merito alla legge approvata dopo un’intensa maratona notturna alla Camera dei Deputati.
La sessione ha visto 172 voti favorevoli e 99 contrari, dimostrando una divisione netta tra le varie forze politiche presenti in Parlamento.
Il testo della riforma, fortemente voluto dalla Lega e dal Ministro Roberto Calderoli, segue una precedente approvazione al Senato. Questa riforma permetterà alle Regioni italiane di amministrare in modo indipendente diverse materie che finora erano sotto il controllo dello Stato, modificando significativamente il panorama della governance locale. Tuttavia, secondo Ferrero, queste modifiche rappresentano un pericoloso stravolgimento dell’ordine costituzionale italiano.
Durante la sua apparizione a “Buongiorno Italia”, programma curato da Giovanni Lacagnina, Ferrero ha chiarito i suoi punti di vista. “Quello che sta facendo il Governo Meloni è un vero golpe bianco,” ha affermato, aggiungendo che “l’approvazione del premierato insieme all’autonomia differenziata sono un grave insulto alla Costituzione italiana”. Le sue parole riflettono una preoccupazione profonda per un’eventuale centralizzazione del potere nelle mani del Primo Ministro e una disomogenea distribuzione delle competenze, che potrebbe portare a uno squilibrio tra le regioni.
Critici come Ferrero temono che l’autonomia differenziata possa tradursi in una maggiore autonomia fiscale e amministrativa per regioni già più ricche e sviluppate, aggravando le disparità esistenti tra nord e sud dell’Italia. Questa prospettiva solleva interrogativi sull’equità e sulla coesione nazionale, temi centrali nella storia repubblicana italiana.
Il dibattito si inserisce in un contesto più ampio di tensioni politiche e sociali, in cui il Governo Meloni cerca di implementare una serie di riforme che, secondo i suoi sostenitori, potrebbero portare a un’amministrazione più efficiente e più vicina ai cittadini. Tuttavia, l’opposizione critica queste riforme come tentativi di consolidare il potere politico a discapito della democraticità e dell’unità del paese.
La riforma dell’autonomia differenziata non è solo una questione di gestione amministrativa, ma tocca corde profonde legate all’identità e alla solidarietà nazionale. Con il trasferimento di più poteri alle regioni, i detrattori della legge temono che le politiche regionali possano divergere significativamente, creando sistemi di welfare, istruzione e sanità marcatamente differenti, in base alla geografia.
La discussione si estende anche alla prospettiva internazionale, dove cambiamenti di questo calibro potrebbero influenzare l’immagine e le dinamiche interne dell’Italia. È fondamentale, quindi, che il dibattito su tali riforme sia ampio e includa tutte le voci interessate, per evitare decisioni che possano compromettere il tessuto sociale e politico della nazione.
In conclusione, la posizione espressa da Paolo Ferrero evidenzia la profonda divisione tra i sostenitori della riforma, che vedono nell’autonomia differenziata un passo verso un federalismo più marcato e moderno, e coloro che vi vedono un pericolo per l’unità e l’equità del paese. Come questa battaglia politica si svilupperà nei prossimi mesi sarà cruciale per il futuro dell’Italia, sia a livello nazionale che regionale.
Condanniamo fermamente l’aggressione della Russia all’Ucraina, che porta morte, distruzione e sofferenze alla popolazione civile, e che non può trovare giustificazione alcuna.
Siamo fermamente contrari a qualunque espansione della NATO, che provoca tensioni e conflitti in Europa come in altre parti del mondo; la NATO ha continuato ad allargarsi verso l’est Europa nonostante gli accordi presi dopo la fine del Patto di Varsavia
Riteniamo inaccettabile la decisione del Governo e del Parlamento italiani per l’invio di aiuti militari, in netto contrasto con l’art.11 della nostra Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli e di risoluzione delle controversie internazionali”. L’invio di armi in Ucraina espone il nostro Paese a un grave rischio, ponendolo in una condizione di possibile cobelligeranza, che nell’escalation potrebbe comportare pericoli devastanti, data la presenza di testate nucleari nelle basi NATO italiane.
Condanniamo la posizione dell’Unione Europea, che invece di adoperarsi per una soluzione del conflitto alza il livello dello scontro inviando truppe e armamenti nella zona di guerra.
Denunciamo i gravissimi danni ambientali della guerra, già da otto anni causa del forte inquinamento dei terreni agricoli in Donbass, danni che si moltiplicheranno soprattutto per i paesi con forte dipendenza energetica come il nostro, in cui Draghi parla addirittura di riapertura delle centrali a carbone.
Chiediamo:
l’immediato cessate il fuoco e il ritiro delle truppe dall’Ucraina
la ripresa di trattative, a partire dagli accordi mai rispettati di Minsk del 2014, che prevedevano l’impegno dell’Ucraina a garantire l’autonomia delle regioni di Doneck e Lugansk e la tutela della popolazione russofona
una soluzione diplomatica del conflitto nel contesto e con la presenza di organismi internazionali, che garantiscano la sicurezza di tutte le parti e l’autodeterminazione di tutte le popolazioni coinvolte
che l’Unione Europea eserciti ogni sforzo per realizzare una vera trattativa tra le parti, e non invii aiuti militari
protezione, assistenza, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua cultura e generi, con particolare attenzione alla comunità LGBTQIA+ Ucraina. Accoglienza per i profughi di tutte le guerre, senza distinzione di nazionalità
sicurezza condivisa e disarmo come uniche soluzioni alla guerra
un’Europa senza armi nucleari dall’Atlantico agli Urali
il ritiro di formazioni armate straniere, milizie armate e mercenari stranieri dalla zona di conflitto
Il prezzo di questa guerra, anche in termini economici, verrà pagato dalle popolazioni di tutta Europa. Le cittadine e i cittadini italiani pagheranno l’aumento degli investimenti in armi con una ulteriore penalizzazione dei servizi essenziali (sanità, scuola, trasporti) e con aumenti insostenibili del costo della vita.
L’intensificarsi dello scontro armato porterà profitti enormi solo all’industria bellica.
Fermiamo la guerra in Ucraina Fermiamo tutte le guerre nel mondo
Manifestiamo in corteo a Firenze: venerdì 11 marzo ore 17:30 in piazza Santissima Annunziata
Assemblea cittadina contro la guerra – Firenze
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