diritti
Il tempo del genocidio. Edizioni “sensibili alla foglie” 2024.
Presentazione a cura del compagno Edoardo Todaro.
Dopo “ DIETRO I FRONTI “ e “SUMUD”, le edizioni Sensibili alle foglie ci porta, attraverso Samah Jabr con “ IL TEMPO DEL GENOCIDIO “, dentro ciò che l’entità sionista sta compiendo nei confronti del popolo palestinese. Dire che quanto avviene è un qualcosa di mai accaduto prima, che ci fa restare frustrati ed inadeguati, che non possiamo accettare che ancora qualcuno possa dire :“non lo sapevo”; dire:“cos’altro deve accadere per scuotere la coscienza collettiva?”; voltarsi dall’altra parte, tutto questo è certamente giusto.
Allo stesso tempo leggere il contributo di Samah ci rende ancor di più consapevoli del fatto che la solidarietà internazionale verso i palestinesi è quanto mai necessaria ed indispensabile; che la solidarietà verso il popolo palestinese è terapeutica per tutti noi, è un imperativo morale ed etico, che la loro resistenza è sostegno ed aiuto anche per noi, e coniugare questi due aspetti può essere un percorso proficuo per mettere fine alla più lunga e sanguinosa occupazione attualmente in corso, la solidarietà rende i palestinesi consapevoli del non sentirsi soli.
La solidarietà ha un potere curativo reciproco. L’essere impegnata nel campo della psichiatria, Samah dirige l’unità di salute mentale del Ministero della Sanità palestinese, fa sì che quanto descritto sia inserito in un contesto storico di quanto avviene. Se vi è ancora bisogno di capire che quanto ci viene raccontato dalla propaganda di guerra: “tutto è iniziato il 7 ottobre” è pura demagogia utile solo a far schierare l’opinione pubblica a sostegno dell’entità sionista delle complicità occidentali, leggere “Il tempo del genocidio” ci permette, con una descrizione lucida, di valorizzare ulteriormente il perché ci schieriamo da una parte, quella di chi non accetta di vivere da schiavi e si ribella, nonostante che Gaza venga lasciata morire. Poco sopra dicevo della sua descrizione lucida, ma mi sento di aggiungere che niente concede. Lei, del ministero della sanità palestinese, non si sottrae, con un notevole pensiero critico, al criticare quanto di negativo si annidi all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese, dall’illusione degli accordi di Oslo alla conseguente delusione, e del vivere quotidiano in Palestina, con il patriarcato, il sessismo, andando al di là dell’occupazione. Un popolo, quello palestinese, che è stretto tra il sopravvivere e la resa all’oppressore. Samah è ben cosciente del suo contributo alla lotta di liberazione e del volerne dare mano.
Samah ci rende chiaro, in tutto e per tutto, cosa significhi Gaza: una prigione a cielo aperto con le sue infrastrutture deteriorate, le strade distrutte, gli spazi abitativi sovraffollati, la povertà, l’anemia, l’insicurezza alimentare, l’assenza di carburante, di elettricità, di assistenza sanitaria, dove dire: “non ci sono luoghi sicuri” è la normalità e nei volti di chi sta sopravvivendo è fotografata la schiavitù moderna, dove si va accentuando il consumo di droghe e l’abbandono scolastico con tutto ciò che comporta, i suicidi in aumento e la perdita di un positivo desiderio tra i giovani. Samah usa la lente della psichiatria per leggere lo stato d’animo degli oppressi, mette mano a Fanon, entra dentro i meandri della salute fisica e mentale dei palestinesi, quello che i palestinesi vivono è un trauma psicologico e collettivo che è il risultato di decenni di oppressione, di violenza, umiliazione, ingiustizia. Detto questo, ovviamente Samah non può non riconoscersi nel diritto di un popolo occupato a resistere. Un diritto sia legale dal punto di vista della legge internazionale e sia un diritto umano basilare, perché dove c’è oppressione ci sarà sempre resistenza. A proposito di resistenza, Samah evidenzia il significato dello sciopero della fame portato avanti dai prigionieri politici palestinesi come ultimo tentativo di opporsi alla sopraffazione.
L’aspetto che più dobbiamo far emergere dalla lettura di queste pagine, e lo vediamo in questi lunghissimi mesi, è che i palestinesi non si considerano assolutamente vittime ma soggetti attivi e combattenti per la libertà, terminologia che piacerà sicuramente agli statunitensi come il passato ci insegna. Quanto avviene in Palestina non è la «guerra» che ci viene propinata, ma bensì la guerra alla storia palestinese, è parte della guerra alle menti, la continua, e per certi versi silenziosa pulizia etnica per riscrivere la storia. Non è un caso che l’occupazione scelga di distruggere i simboli che sono psicologicamente importanti per la resistenza e la memoria collettiva, in un odioso tentativo di memoricidio.
Ma l’occupazione non fa uso solo di questo; la fame come arma di guerra; la distruzione delle infrastrutture essenziali, del sistema sanitario, la carestia per compromettere lo sviluppo mentale e fisico dei bambini, le sepolture negate come arma psicologica per immettere una sensazione di impotenza in coloro i quali la subiscono, il sopravvivere che se può sembrare un qualcosa di positivo, in realtà è un qualcosa che trasmette profondo disagio psicologico; la tortura, attraverso le finte fucilazioni, la detenzione in condizioni umilianti e degradanti, la privazione del sonno ecc … con i traumi fisici e psicologici che trasmette per spezzare la resistenza e creare impotenza, far perdere la stima di sé e creare un clima di diffidenza all’interno della comunità di appartenenza, il bendare gli occhi non solo per non identificare i torturatori ma come deprivazione sensoriale creando, così, gravi problemi di salute mentale e conseguenze traumatiche de umanizzando la vittima; le punizioni collettive privando la popolazione dei beni di prima necessità.
Quanti immagini abbiamo visto in questi mesi che ritraggono gli occupanti in modalità festeggiante dopo aver compiuto molteplici nefandezze, ebbene non siamo in presenza di killer psicopatici ma bensì di chi prova piacere e/o gratificazione psicologica nel dare ad altri dolore e/o sofferenza. All’inizio abbiamo parlato del 7 ottobre, non potevamo non farlo visto il continuo, assillante martellante, propinare la narrazione di quel fatto; ma se vogliamo dare una corretta lettura di quei fatti, perché non dire che si è passati dall’umiliazione alla vendetta contro tutto ciò che è palestinese. Certo l’esempio è palestinese, ma la lezione non può che essere globale. Quanto avviene in Palestina è una lotta che non potrà che proseguire fino a quando la Palestina non sarà libera ed arrivare a far sì che le tendenze sadiche dell’occupante siano rimosse e trionfi l’umanità di coloro che lottano per la liberazione.
19 ottobre ore 15:00 in difesa della Sanità Pubblica.
Quella che segue è una lettera scritta a luglio dalla compagna Tatiana Bertini in relazione alla situazione in sanità: la compagna, dipendente USL, è membro del CPN del Partito.
Decreto liste di attesa: Quale futuro per il Sistema Sanitario?
Quanto disposto dal Decreto Liste di attesa recentemente approvato, porta il nostro sistema sanitario verso una ulteriore accelerazione dello sviluppo del privato convenzionato, con il rischio di renderlo sempre più sostitutivo al Sistema Sanitario Pubblico.
Analizzando il decreto infatti vediamo che:
• Si prevede lavoro aggiuntivo per chi ha già un lavoro, non strutturando i servizi nel tempo con personale adeguato. Si risponde infatti all’emergenza di carenza di prestazioni (e di personale) destinando fondi che potrebbero essere utilizzati per strutturare nel tempo un aumento di offerta (con personale adeguato), all’incremento dell’orario di lavoro di professionisti già assunti; con produttività aggiuntiva, gettoni, straordinari vari (attività oltretutto che vengono detassate e che determineranno così un minore introito per il sostegno dello stato sociale, e di conseguenza, della sanità pubblica).
Come garantiremo poi dignità del lavoro e sicurezza delle cure, ricorrendo a continue ore aggiuntive di lavoro? L’addio al tetto di spesa per le assunzioni, previsto per l’anno 2025, avrebbe dovuto essere attuato subito e con risorse adeguate (le risorse ci sono, è volontà politica scegliere dove spenderle), in modo da poter strutturare i servizi e non sprecarle con risposte in grado di affrontare il problema solo dal punto di vista emergenziale.
• L’aumento della possibilità di acquistare i servizi dal privato convenzionato, non fa altro che dirottare ulteriori fondi dal pubblico verso il privato, rendendo il pubblico sempre meno competitivo e con meno possibilità di mirare all’eccellenza, anche con l’acquisto di strumentazioni all’avanguardia. Questa strada renderà il privato sempre più sostitutivo nelle prestazioni del sistema pubblico, con il rischio di poter prevedere in un futuro offerta di prestazioni (senza concorrenza del pubblico), al prezzo che vorrà, con le conseguenze che ben possiamo immaginare. Il privato poi spesso, riesce a fare profitti risparmiando sui diritti dei lavoratori e può attuare, sempre per la logica del profitto, una spinta verso un consumismo sanitario di prestazioni, senza garantire il principio di non spreco, di necessità e di appropriatezza delle stesse. Ricordiamo poi come gli operatori sanitari nel privato vi accedono senza concorso, certificazione delle competenze possedute delle quali il pubblico si avvale.
• Visto che alle regioni non vengono date risorse aggiuntive per abbattere le liste di attesa, il rischio è che queste si vedranno costrette a tagliare altri servizi per poter acquistare ulteriori prestazioni dal privato convenzionato o per pagare attività in straordinario. In questo modo ci troviamo come sempre, a rispondere all’emergenza con manovre di emergenza, che non strutturano alcun servizio stabile, ma rendono il sistema sanitario pubblico sempre più povero e carente.
Il Dlgs 124 del 1998, già prevedeva la possibilità, se l’utente non poteva accedere alla prestazione nei tempi indicati dalla priorità prevista nella richiesta, di vedersi erogare il servizio in intramoenia al solo costo del ticket. Non era meglio iniziare ad applicarlo per prevedere tempi certi di prestazione, invece di dare una ulteriore spinta allo sviluppo della sanità privata? Con tutte le pecche dell’attività erogata in intramoenia (che non rappresenta oggi infatti una libera scelta del cittadino che ha possibilità economica verso la scelta di un professionista, creando comunque divergenze sul diritto alla salute, ma una strada obbligata da percorrere sempre da chi ha possibilità economica, per avere una prestazione vicino al proprio domicilio e in tempi brevi), la stessa comunque aumentava gli introiti delle Aziende Sanitarie Pubbliche.
Le scelte che vediamo in politica sanitaria, stanno rendendo il nostro sistema sanitario pubblico sempre più povero, e se non riusciremo ad attuare una controtendenza, rischiamo di veder annullato del tutto il nostro diritto alla salute!
31Luglio2024
Rifondazione: Assange è libero, il diritto all’informazione no (dal sito nazionale).
Le campagne per la liberazione del prigioniero politico Julian Assange alla fine hanno costretto gli Stati Uniti a liberarlo.
La decisione presa questa notte, di giungere ad un patteggiamento fra la giustizia americana e il fondatore di Wikileaks che ha portato alla sua scarcerazione, in segreto, lunedì, è certamente una gran buona notizia ma non risarcisce i torti subiti non solo da Julian Assange ma da chiunque crede nella libertà di espressione e di stampa. Il giornalista australiano, va ricordato, è stato perseguitato dagli Usa, nel silenzio complice degli alleati, da quando, con un lavoro di inchiesta eccezionale rivelò le pratiche di violenza indiscriminata e i crimini di guerra commessi dai militari statunitensi in Afghanistan ed in Iraq. Una mole mostruosa di documenti che fece imbestialire l’amministrazione Usa al punto da costruire contro di lui e Wikileaks una campagna di vero e proprio terrorismo.
Accusato di aver messo a rischio le attività militari americane, rischiava una pena di 175 anni di carcere. Se l’è cavata, si fa per dire, con una residenza forzata dal 2012 al 2019, nell’ambasciata dell’Ecuador in Gran Bretagna, dove aveva trovato asilo politico poi revocato e poi in 5 anni di detenzione in un carcere di sicurezza londinese sempre in attesa di un’estradizione che equivaleva alla morte. In tante e tante si sono battuti per la sua liberazione ma, per avere una chiara idea di quanto l’informazione in Italia sia deformata, sotto ogni governo la copertura di questo caso è stata pochissima sui tg. Ci sono detenuti di serie A e di serie B evidentemente.
Il patteggiamento è una decisione pilatesca degli USA. Assange ha riconosciuto di aver commesso un reato, rivelando segreti, in cambio è condannato alla stessa pena, 62 mesi, già scontati in Gran Bretagna. Per questo da oggi è cittadino libero ma resta irrisolta una questione: chi racconta gli scenari di guerra è sotto minaccia di fare la stessa identica fine di Julian Assange.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Quando la disumanità del sistema non è uno slogan ma una triste realtà.
Quante situazioni di sfruttamento sono state messe alla luce ( inutilmente)?
Ricordate la storia degli immigrati invisibili a raccogliere pomodori per qualche centesimo al chilo, storia che coinvolse anche l’ “onorevole” Bellanova ( cgil, Italia Viva…) che parve cadere dalle nuvole? e tutte le vicende di donne rumene usate, sfruttate ed anche violate nelle baraccopoli dello sfruttamento in Puglia, clima e scene da campo di sterminio…? Ed anche quanto portato alla ribalta da Sumahoro, prima che la stupidità ed ingordigia dei familiari facessero oscurare le sacrosante denunce da costui effettuate dietro una triste questione personale….
Adesso siamo difronte all’ennesimo fatto, dico fatto e non sospetto, del disumano sfruttamento di un porco padrone che, sentendosi dio, dispone del tempo, del corpo, della vita di quello che nella nostra Repubblica ( fondata sul lavoro) dovrebbe essere un LAVORATORE SALARIATO ma che nella realtà è, letteralmente, CARNE DA MACELLO.
Satnam Singh, 31 anni, indiano lasciato morire d’agonia.
Prima il lavoro in condizioni di totale sfruttamento, insieme a centinaia di altri; poi la tragedia: un macchinario avvolgi-plastica agguanta il braccio di Singh recidendolo dal corpo.
Il padrone, presente, invece di precipitarsi all’ospedale spenge la macchina agricola, prende il corpo del bracciante, lo riversa in un pulmino e lo va a scaricare, vivo agonizzante, difronte all’abitazione stessa del povero cristo, morente. Con mostruoso e disumano cinismo va a fare una doccia, lava il pulmino e quindi va a cercare due avvocati. Nel frattempo Singh, dissanguato, muore dopo 36 ore di agonia… Stomacherebbe pensare che una fine del genere l’ha fatta il gatto di casa….
Questa la ricostruzione dei fatti riportata dalla stampa odierna.
Rabbia, dolore, ma anche stupore ed incredulità, difronte ad un’indifferenza, una violenza, una barbarie del genere.
Ma la riflessione politica richiede che si prenda atto che la brutalità, la freddezza e l’ingordigia di profitto del sistema capitalista che alleva e cresce questi mostri ( altro che imprenditori che danno lavoro!) non può che essere risolta tramite la distruzione di questo stesso sistema.
Non è (solo) una questione di umanità! In questo sistema, in particolare da quando l’Impresa è assurta al rango di Religione di Stato, divinità alla quale è lecito tutto, episodi del genere sono solo “incidenti di percorso”. L’ideologia capitalista vuole trasformare tutti nell’Uomo-imprenditore-di-se-stesso, unica concezione del nostro vivere, per cui un povero bracciante che vive per lavorare ( e non che lavora per vivere, come voleva la civiltà novecentesca) non è altro che un piccolo sfigato imprenditore che investe il proprio tempo con l’obbiettivo di risolvere INDIVIDUALMENTE i suoi problemi e collocarsi, almeno, fra i “garantiti” che, stante un salario di sopravvivenza, senza certezza sanitaria, senza istruzione di qualità, potrà comunque trascorrere il suo poco tempo libero a spippolare un i-phone o andare in qualche Mall incarnandosi, a sua volta, in un consumatore di beni, ossia una persona felice!
” Ci ha rovinati tutti!” hanno dichiarato, almeno a quanto riportano i quotidiani main-stream, i familiari del padrone-assassino recitando ovviamente la parte delle povere vittime! Loro, benefattori dei pezzenti, sbattuti sui giornali e, chissà, processati da un tribunale per colpa di un cretino che ha pensato bene di farsi spappolare un braccio, invece di lavorare dall’alba a quasi notte per uno stipendio da capogiro di qualche euro al giorno ( la ditta che lo sfruttava dichiara due milioni di euro – Fonte: La Repubblica).
E chissà quanti altri “imprenditori”, quanti ministri ( chissà perché viene in mente Santanchè), quanti sottosegretari, padroni e padroncini penseranno la stessa cosa: che roba! non si può più rapinare la società come si deve che succede sempre qualcosa… quasi quasi ci vorrebbe una legge che trasformi l’omicidio sul lavoro in una svista “contabile”….
Perché la tragedia nella tragedia è che il fallimento della moderazione socialdemocratica, lo sdoganamento, prima, e l’avanzata in questi tempi delle destre fascistoidi, la disperazione che non trova risposta, creano una sottocultura dilagante nella quale i ricchi sono belli, giusti ed intoccabili, a prescindere. E che chi ha le pezze al culo è perché se lo è scelto o perché iddio in persona ha voluto così.
E questa sottocultura attraversa e corrompe le menti, anche quelle di noi sfruttati.
Proletari di tutti i Paesi, Unitevi.
Sui crimini sionisti e le orribili violazioni nel campo “Sde Teman” contro i prigionieri palestinesi.
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina sta seguendo con estrema rabbia i resoconti scioccanti e dolorosi e le testimonianze terrificanti riguardanti le gravi violazioni e i crimini senza precedenti commessi contro i prigionieri palestinesi nel campo “Sde Teman” nel deserto del Naqab. Questo campo si è trasformato in un campo di sterminio sotto il controllo diretto dell’esercito occupante e per decisione del governo degli assassini sionisti, con l’appoggio americano e il silenzio internazionale.
Il Fronte conferma che le testimonianze dei prigionieri rilasciati, che rivelano uccisioni sistematiche e brutali torture da parte dei carcerieri sionisti, sono scioccanti e terrificanti, pratiche portate avanti solo da un gruppo di assassini, fascisti e sadici assetati di uccisioni e torture. I prigionieri rilasciati rivelano di aver visto picchiare a morte i detenuti, lasciando i feriti senza cure finché le loro ferite non marcivano, oltre a gravi violazioni contro le donne detenute, tra cui spogliarle e picchiarle. Questi crimini senza precedenti non possono essere ignorati né rimanere impuniti.
Alla luce di questi orribili crimini e delle dolorose testimonianze, il Fronte chiede la formazione urgente di un comitato internazionale per indagare sui crimini sionisti commessi contro i prigionieri detenuti, in particolare quelli la cui detenzione nel campo “Sde Teman” o in altri campi di detenzione e sterminio sionisti è stata nascosto.
Il Fronte chiede che i sionisti responsabili di questi crimini siano portati davanti alla Corte penale internazionale, primo fra tutti il criminale, fascista e razzista Ben-Gvir, in modo che paghino per aver commesso questi crimini orribili.
Il Fronte invita le persone libere del mondo, tutti i sostenitori e le istituzioni competenti a mobilitarsi urgentemente nelle arene pubbliche, mediatiche, legali e diplomatiche per fare pressione per prendere posizioni ferme e serie contro queste atrocità sioniste contro i prigionieri e per rivelare il destino di centinaia di prigionieri detenuti in condizioni disumane e terrificanti.
Il Fronte invita tutte le forze nazionali e islamiche a unirsi e unire gli sforzi per difendere i diritti dei prigionieri, portando alla loro liberazione, e a continuare a lavorare per denunciare le pratiche senza precedenti dell’occupazione contro i prigionieri.
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
Ufficio dei martiri, dei prigionieri e dei feriti
14-6-2024
Salute e sociale: Tra abbandono e digitale.
Mercoledì 5 giugno alle 21:00 appuntamento alla Casa del Popolo del Galluzzo (via San F. d’Assisi 1) per confrontarci insieme sulla nostra idea di città.
Una città in cui il pubblico riesce a fornire sevizi di prossimità, in cui l’amministrazione riesce a farsi carico dei problemi delle persone e in cui i quartieri tornino ad assumere un ruolo centrale di programmazione. In tutto questo, le trasformazioni che stiamo vivendo sulla scia della transizione digitale pongono una serie di questioni importanti sull’accessibilità dei servizi della pubblica amministrazione.
Di questo (e molto altro!) parleremo con Lorenzo Fantoni e Giovanna Sesti (candidati in consiglio comunale per Sinistra Progetto Comune), Luigi Casamento (consigliere comunale del Quartiere 3) e Paolo Ferrero (direttore della rivista Su La Testa). Interverrà il candidato sindaco Dmitrij Palagi.
Alle 19:30 cena di autofinanziamento (contributo consigliato 15 euro). Prenotazioni al 331 5881417