Quello che è avvenuto questa mattina è inammissibile. Sì è aspettato che le compagne e i compagni (c’eravamo anche noi di Rifondazione Comunista) fossero impegnati a seguire la situazione di una famiglia sotto sfratto nella periferia del Quartiere 5, per andare a sgomberare anche l’occupazione via Incontri.
Da circa due anni nella casa che era stata di Gabriella Bertini e Beppe Banchi abitavano diverse famiglie. Famiglie che hanno riempito una casa rimasta vuota da anni e che, nelle idee di chi l’aveva abitata, sarebbe dovuta diventare un luogo in cui le persone disabili avrebbero visto i propri diritti rispettati. Un luogo di cura, un luogo di speranza, un luogo di uguaglianza.
Proprio in questi giorni la Giunta del Sindaco Nardella si riempie la bocca parlando della Firenze che riuscirà a costruire grazie ai fondi europei. Una Firenze più attenta al verde, più pulita e attenta alle esigenze delle persone. Ma nel frattempo aumentano le persone che non riescono ad usufruire del primo diritto che dovrebbe essere assicurato a ciascuno, quello alla casa.
E ancora più male fa vedere come questo diritto venga negato dall’ottusità delle istituzioni che, ancora a distanza di anni, continuano a non avere la stessa lungimiranza di Gabriella Bertini, una compagna di grandi visioni che riusciva a tenere insieme le lotte per i diritti di tutte e tutti.
La situazione del trasporto pubblico locale, tramite autobus e treni che portano gli studenti verso Licei e Istituti tecnici di Figline Valdarno, San Giovanni Valdarno e Montevarchi, continua ad essere insostenibile.Dall’apertura dell’anno scolastico i ragazzi stanno viaggiaando in autobus strapieni e treni sovraffollati, dove non c’è alcun distanziamento; paradossale che poi si stabiliscano regole ferree dentro le scuole, se non c’è sicurezza sui mezzi per raggiungerle.
Questo problema è ben noto a tutte le istruzioni dall’inizio della pandemia ma le misure adottate sono state del tutto insufficienti.
Gli impegni e le promesse di implementare il trasporto pubblico da parte delle istituzioni e delle aziende che lo gestiscono, si sono rivelati solo propaganda fasulla e ingannevole; lo dimostra il fatto che non ci sono state assunzioni di personale a rafforzamento degli organici, condizione necessaria al potenziamento del servizio.Infatti sugli autobus i ragazzi viaggiano ogni mattina in piedi e appiccicati, in alcuni casi addirittura gli autisti hanno dovuto saltare le fermate, perché gli autobus erano già pieni, lasciando i ragazzi a terra. Nei giorni scorsi inoltre ha fatto scalpore la vicenda di un treno che ha dovuto interrompere la corsa e fare scendere le persone a Ponticino (ma è evidente che il convoglio era pieno già dalle tratte precedenti) per il troppo sovraffollamento. A fronte di tutto ciò ci risulta per il trasporto studenti del Valdarno, una sola corsa autobus aggiuntiva la mattina e una il pomeriggio e per i treni solo un paio di vetture aggiuntive al giorno, nella tratta Firenze – Arezzo.
Non è abbastanza! Sottolineiamo che il sovraffollamento comporta rischi a prescindere dal Covid, in quanto, al di la dei tanti altri possibili contagi da malattie, stare in piedi sugli autobus comporta il rischio di infortunarsi in caso di frenante; parallelamente sui treni sovraffollati (come da anni denunciano i pendolari) il controllo del personale è difficoltoso e sporadico, per cui in caso di un malore o di un problema al materiale, la situazione può divenire pericolosa.Ricordiamo che gli studenti pagano regolarmente biglietti e abbonamenti con costi importanti per le famiglie, chiediamo pertanto un potenziamento reale dei servizi di trasporto pubblico dedicati agli studenti, con assunzione di personale, aumento significativo delle corse e della capienza.
Ci impegneremo a organizzare con gli studenti coinvolti, ma anche con insegnanti e lavoratori del trasporto pubblico, iniziative di sensibilizzazione e protesta nelle prossime settimane a partire dallo sciopero generale del 11 ottobre 2021, che riguarderà anche le scuole.
Questo pomeriggio una delegazione della segreteria provinciale di Rifondazione Comunista Firenze, Lorenzo Ballerini (consigliere comunale di Campi a Sinistra) e Daniele Lorini (candidato sindaco di Sesto Popolare) hanno portato la loro solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici del Cartonificio Fiorentino a Sesto Fiorentino.
Da questa mattina il personale dipendente dello stabilimento è infatti in sciopero e in presidio a causa del fortissimo rischio di chiusura, a cui seguirebbe il trasferimento ad Altopascio di una parte dei quasi 100 dipendenti e il licenziamento dell’altra.
Quella del Cartonificio Fiorentino è una realtà storica del territorio della Piana ed è inaccettabile che, ancora una volta, sia chi lavora a dover pagare. La crisi economica connessa alla pandemia ha visto i ricchi diventare sempre più a scapito di lavoratrici e lavoratori che sono sempre più precari, sottopagati e vincolati dal ricatto del padrone.
Ribadiamo quindi la nostra completa solidarietà alla vertenza del Cartonificio Fiorentino, ribadendo ancora la volta la necessità di un piano di sviluppo alternativo per Sesto Fiorentino e la Piana tutta, che metta al centro i diritti di chi lavora senza andare a discapito dell’ambiente.
Circolo di Rifondazione Comunista di Firenze Sud – Galluzzo
Quest’anno l’11 agosto a Firenze si caratterizza assai giustamente nel sostegno agli operai GKN e, ovviamente, a tutti gli operai sottoposti ad attacco in numerose altre realtà, sebbene meno eclatanti dal punto di vista numerico.
Oggi più che mai quindi ricordare la liberazione dal fascismo significa anche lottare per la liberazione dal capitalismo che, è bene ricordarlo, si era annesso da subito il fascismo per utilizzarlo come braccio armato per reprimere un movimento operaio che stava assumendo dimensioni e forza eccezionali.
Vorrei quindi ricordare il periodo della resistenza a Firenze dal punto di vista delle fabbriche; sebbene posta al di fuori dell’allora “triangolo industriale”, Firenze era sede di almeno due delle fabbriche più importanti e all’avanguardia del paese, il Pignone e le Officine Galileo (per non parlare di una importante sede della FIAT). Ciò dava al movimento operario fiorentino una forza numerica e qualitativa ben superiore alla dimensione della città.
A partire dal 25 settembre 1943, anche Firenze non fu risparmiata dai bombardamenti. Essi miravano a colpire, in particolare, strade e le linee ferroviarie. I primi avevano interessato la zona di Campo di Marte per poi estendersi, nei mesi successivi, anche ad altre aree. Sabato 11 marzo 1944 era stata la volta di Careggi, del polo industriale di Rifredi e della zona di San Jacopino .
I bombardamenti quindi non avevano risparmiato neppure le fabbriche. Proprio in zona Rifredi erano situate alcune delle più importanti industrie cittadine: la Galileo, attiva nella produzione di materiali ottici, di puntamento e di apparecchiature elettriche per armamenti, che nel 1943 occupava più di 4.870 operai; la Pignone, da cui uscivano elmetti, macchinari, proiettili per marina e mine, la Superpila e la FIAT, a Novoli, che dava lavoro a 1.250 persone impiegate nella produzione di materiali per l’aviazione.
Fu proprio nei mesi che precedettero la ritirata dei tedeschi che emerse il malcontento degli operai, scandito dalle prime manifestazioni di dissenso. Se l’ubicazione geografica e la struttura sociale di Firenze, con agglomerati industriali più piccoli di quelli del Nord, l’avevano resa poco permeabile agli scioperi che nel marzo 1943 avevano avuto notevole successo a Torino e a Milano, ciò non vuol dire che anche nel capoluogo toscano non ci fossero segni di malcontento. I tedeschi, infatti, avevano continua necessità di produrre ed erano disposti anche a pagare somme molto alte, con grande vantaggio per gli industriali che, se da una parte incassavano di più, dall’altra tenevano comunque i salari degli operai bloccati, riducendone di giorno in giorno il potere di acquisto.
La prima mobilitazione antifascista iniziò a prendere corpo nei principali stabilimenti cittadini con la circolazione di opuscoli, fogli informativi e la raccolta di offerte a favore dei perseguitati politici e delle loro famiglie. Vennero anche messe in opera misure di sabotaggio della produzione, rallentando le fasi della lavorazione o creando pezzi fallati e incompleti.
Proprio durante l’estate 1943, su iniziativa del Partito Comunista, venne costituito a Rifredi, all’interno del locale Sottocomitato di Liberazione, il Comitato Settore industriale. Diretto dal comunista Mario Fabiani, futuro sindaco di Firenze, era formato da rappresentanti delle imprese più importanti. Sotto la spinta di questa forza di opposizione, nell’inverno fra il 1943 e il 1944, si susseguirono dimostrazioni e proteste generate dal peggioramento delle condizioni di vita. Le richieste dei lavoratori erano prevalentemente di tipo economico, ma possedevano anche un chiaro significato politico.
Le prime due fabbriche fiorentine in cui ebbero luogo, a fine di gennaio ‘44, manifestazioni organizzate dal Partito Comunista, furono proprio la Galileo e la Pignone.
Presso la Galileo, il giorno 27, il Comitato di Agitazione, diretto da Fabiani e con la collaborazione di Alfredo Mazzoni e Leo Nigro, capeggiò i lavoratori che, in segno di protesta, rallentarono la produzione e, in certi reparti, la bloccarono. Alla Pignone, sotto la guida del Comitato aziendale composto da Otello Bandini, Alviero Biagiotti, Tiberio Ciampi, Gino Lulli, Galliamo Melani, Nello Secci, Paolo Tincolini, i dipendenti iniziarono la loro mobilitazione per ottenere aumenti salariali e supplementi alla tessera del pane, incontrando un netto rifiuto da parte dei dirigenti sindacali fascisti, che spalleggiavano la proprietà.
Un mese più tardi, il 3 marzo, un grande sciopero bloccò la produzione in tutte le principali fabbriche cittadine. Esso fu preceduto da attentati incendiari a opera dei gappisti compiuti contro la sede dei sindacati fascisti, in seguito ai quali vennero distrutti gli schedari con i nomi dei lavoratori destinati a essere deportati in Germania.
In questa fase di lotta si distinse, in particolare, la Manifattura Tabacchi il primo stabilimento (dal 1940 occupava la nuova sede delle Cascine) che entrò in sciopero e le cui maestranze erano allora per il 90% femminili. Le sigaraie, attivissime nella protesta, si scagliarono contro Raffaele Manganiello, Prefetto della Provincia, giunto in fabbrica per intimare loro che fosse ripreso il lavoro: «abbiamo fame, vogliamo la pace e non vogliamo che i nostri figli siano mandati a morire per Hitler».
I nazifascisti non tardarono a punire gli operai compiendo vasti rastrellamenti con l’intenzione di creare un deterrente verso possibili e ulteriori azioni di lotta. Centinaia di lavoratori furono prelevati, soprattutto nel popolare rione di San Frediano e in modo analogo in diverse zone industriali della provincia, come Prato ed Empoli.
L’8 marzo 1944 partì da Firenze un trasporto di deportati politici con destinazione Mauthausen: il “carico” era composto da 597 uomini, 338 dei quali arrestati in Toscana. Tra questi anche Thos Bonardi, Ugo Bracci, Dino Mangini, Narciso Niccolai, tecnici della Pignone arrestati per aver partecipato allo sciopero dei primi di marzo. Nessuno di loro farà più ritorno.
“Presenti alla manifestazione nazionale lanciata dal collettivo di fabbrica della GKN a Campi Bisenzio, dietro alla parola d’ordine ‘Insorgiamo’”
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro PRC/Se Segreteria provinciale PRC Firenze
Il collettivo di fabbrica della GKN di Campi Bisenzio prosegue la sua lotta con l’assemblea permanente: per oggi ha lanciato una manifestazione nazionale che partirà dai suoi cancelli e come Partito della Rifondazione Comunista saremo ovviamente presenti, assieme alle nostre comunità militanti e con tutti i rappresentanti degli enti locali della zona, sapendo quanto poco si aspettano le lavotrici e i lavoratori dalle istituzioni, che continuamente vedono le forze di governo esprimere parole di solidarietà, senza nessun tipo di azione risolutiva a favore del lavoro e di chi lavora.
L’azienda, in mano a un fondo di investimento che in pochi giorni ha guadagnato in borsa con la procedura di licenziamento e chiusura dello stabilimento, nonostante non fosse in perdita, ha beneficiato dei soldi della legge 808 per il sostegno all’industria aeronautica.
Ha preso soldi pubblici e ora lascia al territorio una situazione drammatica per 500 persone, con le loro famiglie gettate nella totale incertezza, insieme ai loro mutui, affitti, bisogni.
Siamo e saremo parte di questa lotta, garantendo il massimo sostegno alle decisioni che verranno assunte dal collettivo di fabbrica e pretendendo soluzioni che rimettano al centro il ruolo del pubblico, decisivo non solo per la salvaguardia della Gkn, ma per la tenuta e il rilancio dell’automotive nella difficile transizione ecologica di fronte alla quale pesano i ritardi del capitalismo nostrano e l’assenza di questo come dei precedenti governi. Ci battiamo per l’unificazione e l’ampliamento delle lotte, l’unica strada per avviare una riconversione dell’economia che metta al centro il lavoro, la cura delle persone e l’ambiente e marginalizzi la finanza.
La catena di nuovi licenziamenti di massa che sta colpendo lavoratrici e lavoratori, in molte grandi aziende del paese, dalla Gkn alla Whirpool, dalla ex Embraco alla Giannetti, alla Stellantis, con rischio di allargamento ad altre vertenze come Alitalia e Ilva, è una mattanza vergognosa che mette in pericolo il futuro di migliaia di famiglie e minaccia una desertificazione industriale del paese.
Tale situazione brucia ancora di più per i cittadini di Figline e Incisa Valdarno e per lavoratrici e lavoratori della Bekaert (ex Pirelli), che dopo anni di false promesse, si ritrovano licenziati in centinaia. Un attacco così pesante del capitalismo italiano, all’indomani dello sblocco dei licenziamenti non può essere casuale: i padroni, contando sulla lealtà del Governo Draghi come rappresentante della grande finanza mondiale, ricattano il paese per ottenere incentivi, sgravi fiscali e impunità.
Le multinazionali godono nel nostro paese di un potere strabordante e pericoloso, che deve essere regolato e limitato; contrastando le iniquità di un sistema basato sullo sfruttamento del lavoro e sullo schiacciamento dei diritti. Non è ammissibile che i capitalisti si continuino a riempire le tasche sfruttando tutto ciò che è sfruttabile, per poi prendere la cassa e fuggire verso altre terre da dissanguare.
I territori devono essere dei cittadini e le fabbriche devono essere degli operai! Le attività produttive di chi specula e distrugge, devono essere requisite e restituite alla collettività. Anche per la Bekaert di Figline Valdarno chiediamo l’esproprio della fabbrica e l’avvio della produzione industriale sotto il controllo pubblico, con la riassunzione di tutti gli operai oggi licenziati!! Sarebbe infatti gravissimo vedere il sito industriale trasformato in un centro commerciale o in area residenziale, un epilogo che non permetteremo.
Parallelamente oggi la battaglia dei lavoratori GKN, brutalmente licenziati in 500 (contando gli appalti) senza preavviso, dal fondo di investimento inglese proprietario del marchio, diventa una lotta emblematica per il territorio toscano e non solo: Fermare gli speculatori in GKN significa dare slancio a molte altre lotte operaie in corso.
La solidarietà della popolazione e la determinazione dei lavoratori può infatti portare a una vittoria piena e alla riapertura della fabbriche, senza compromessi al ribasso!! Come circolo del Valdarno del Partito della Rifondazione Comunista esprimiamo massima solidarietà a lavoratrici e lavoratori in lotta e ci impegneremo per tenere viva l’attenzione e la solidarietà sulle vertenze contro i licenziamenti.
Basta sfruttamento, basta ricatti tra salute e lavoro, basta strapotere delle multinazionali. Riprendiamoci territori e lavoro.
Figline e Incisa Valdarno, Luglio 2021 Circolo PRC del Valdarno, Angelo Gracci
“Un modo per confermare e dimostrare il nostro concreto e quotidiano sostegno alla lotta che verrà portata avanti dall’assemblea permanente, qualsiasi forma prenderà”
Il Partito della Rifondazione Comunista conferma la sua solidarietà e il suo sostegno alla mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della GKN, qualsiasi forma sceglieranno per la loro lotta. Abbiamo raggiunto la fabbrica poco prima dell’assemblea aperta, con il Segretario nazionale e alcune delle figure istituzionali del territorio che abbiamo contribuito ad eleggere nei comuni dell’area e in Città Metropolitana.
Le parole di Maurizio Acerbo, Segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista: «la GKN, come azienda (acquistando Augusta) ha incassato dallo Stato centinaia di milioni mai restituiti, ora pensano di chiudere e delocalizzare all’estero. Draghi mostri di essere capace di fare qualcosa sul serio, perché finora ha fatto solo gli interessi del grande capitale. Questa non è un’azienda “decotta”, ci sono professionalità da salvaguardare. Draghi si ricordi cosa fece La Pira e ne segua l’esempio. ».
Queste le parole di Lorenzo Ballerini, consigliere comunale di Campi a Sinistra: «non possono bastare i tavoli rituali e le parole di circostanza. Quanto accade è la logica conseguenza di una centralità del lavoro che da troppo tempo manca a tutti i livelli della politica, anche sul piano locale. Dobbiamo essere in grado di sostenere le lotte che verranno decise in fabbrica durante l’assemblea permanente».
Insieme alle compagne e ai compagni del Partito, a partire dai circoli della piana, erano presenti anche il consigliere della Città Metropolitana Enrico Carpini, quelli del Comune di Firenze Dmitrij Palagi e Antonella Bundu, quelli di altri comuni dell’area (tra cui Caterina Corti, di San Piero e Scarperia).
Valentina Adduci – Comitato Politico Federale Rifondazione Comunista – SE Firenze
In questi giorni non si può non riflettere sulle morti (sul lavoro) inaccettabili che si sono verificate dall’inizio dell’anno e sul sistema della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Partendo dall’analizzare la normativa in materia di sicurezza, d.lgs. 81/2001, detto testo unico, il suo limite, è la sua astrattezza, ovvero la sicurezza viene interpretata o comunque la norma viene applicata dai datori di lavoro quasi esclusivamente sul piano formale.
Ci si limita alla produzione di documenti (spesso fatti in serie, spesso illeggibili per i non tecnici, può accadere anche che siano retrodatati), e all’espletamento delle formalità così come prescritte nella norma e così ci si sta tranquilli, ci si salva perché si può dimostrare di avere tutto in regola. Anche i corsi di formazione sulla sicurezza spesso sono svolti nell’ottica di espletare una mera formalità, obbligatoria per legge.
Per i lavoratori, centrale dovrebbe essere il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. E invece la realtà spesso è diversa. L’RLS, infatti, viene coinvolto solo al momento dell’apposizione delle firme, mentre invece la legge prescrive il coinvolgimento sostanziale dell’RLS proprio anche nella fase della stesura del DVR. E così anche nella riunione periodica l’RLS viene coinvolto sempre solo come mera formalità. Può accadere, anche, che l’RLS venga scelto o segnalato dal datore di lavoro (magari una persona di fiducia del datore di lavoro), magari non espresso dai sindacati anche se presenti in azienda, come invece prescrive la legge.
Ebbene in questo contesto il ruolo di RLS è particolarmente difficile, ovvero a fronte di continue frustrazioni, mancate convocazioni, mancati coinvolgimenti, segnalazioni senza alcuna risposta, disinteresse generale dei colleghi che spesso vivono questa figura come elemento di disturbo, riesce a portare il suo ruolo a testa bassa solo se è fortemente motivato.
E poi come non citare il grande assente dell’intero tema: i controlli! Nessun tipo di controllo mai… Se non incidenter tantum controlli di tipo formale sulla documentazione (si torna ancora sulla formalità della materia).
Venendo al nostro ruolo come Partito della Rifondazione Comunista noi abbiamo il dovere in primis di intervenire sulla coscienza dei nostri colleghi banalmente sui luoghi di lavoro, di promuovere una cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro che spesso non è percepita come questione seria, oppure sembra relegata solo ai lavori dove il tema è macroscopico come per esempio l’edilizia, ma se il datore di lavoro ti chiede di spostare un frigo perché in quel momento c’è bisogno e la movimentazione carichi non rientra nelle tue mansioni anche quella è questione di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Foto: compagni di Rifondazione Comunista – SE della Toscana in occasione della manifestazione indetta a Prato in seguito alla morte dell’operaia Luana D’Orazio.
Monica Sgherri – Responsabile casa e diritto all’abitare
Finalmente una buona notizia: la Corte Costituzionale conferma l’illegittimità di alcuni articoli discriminatori della legge regionale 34 sui criteri di assegnazione degli alloggi popolari.
Da anni denunciamo quanto hanno fatto le regioni per diminuire la platea degli aventi diritto alla casa. Nessuna risorsa aggiuntiva per rispondere alle migliaia di famiglia nelle graduatorie comunali ma per contribuire alla risoluzione del problema sceglievano di discriminare per ridurre il numero dei richiedenti!
Prima la Lombardia introduceva dei criteri premianti la storicità della residenza, come dire prima i nostri concittadini, poi i lombardi, poi ancora gli italiani e dopo i comunitari e gli extracomunitari, Se ci vogliono anni per un comunitario o un extracomunitario per avere la residenza nel Comune a questi anni se ne dovevano aggiungere altri di storicità della residenza. La legge Lombarda prevedeva 10 anni, dopo sentenza gli anni venivano ridotti a 5. Su questa scia anche la Liguria, sempre del centro destra, ma non da meno anche la Toscana di centro sinistra introduceva gli anni di residenzialità a cui si aggiungeva un punteggio premiante per gli anni di presenza in graduatoria comunale.
La Corte Costituzionale, annullando questi articoli, ha sottolineato l’irragionevolezza del criterio di storicità della residenza in quanto di per se non è significativo di maggior bisogno, e la pretestuosità della richiesta di documentazione proveniente dai paesi d’origine (non sempre possibile, non sempre esigibili o accessibili) quanto per gli italiani basta una autodichiarazione.
La Corte ha dichiarato illegittima anche la decadenza dell’alloggio per condanna penale (criterio ancora in vigore in Toscana) di un solo componente della famiglia
Grande soddisfazione per questa importante vittoria da parte dell’Unione Inquilini che aveva presentato il ricorso come si legge nel loro comunicato stampa: “Siamo soddisfatti per la sentenza della Corte perché snatura tutto l’impianto della Legge regionale”- ha detto il segretario regionale dell’Unione Inquilini Walter Rapattoni. “L’aumento del punteggio, assegnato dalla storicità della residenza, avrebbe sfavorito le persone immigrate. Sul requisito di non possidenza all’estero, discriminatorio per persone provenienti da paesi in cui è difficile ottenere questi documenti, si sancisce che è valida l’autocertificazione come per tutti i cittadini. Solo chi non ha la residenza fiscale in Italia è obbligato a fornire una documentazione ulteriore”- Il Segretario nazionale Massimo Pasquini ha aggiunto: “Con la precarietà alloggiativa peggiorata a causa della pandemia e la richiesta sempre maggiore di alloggi pubblici invitiamo la classe dirigente a evitare giochini per mettere l’uno contro l’altro le persone, ma a lavorare e seriamente per attivare politiche abitative strutturali. ”
Le case popolari mancano e il bisogno cresce. Ma la soluzione non è quella di diminuire la platea dei richiedenti con criteri pretestuosi e discriminatori ma avviando un serio piano di implementazione di alloggi di edilizia economica e popolare. Finalmente una sentenza dice basta alle discriminazioni
E ora il nostro impegno di far arrivare nei vari consigli regionali la richiesta di correggere le leggi regionali e di cancellare quanto annullato dalla Corte Costituzionale nella legge regionale 34 dell’Abruzzo.
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