La giornata del 26 marzo è stata una boccata d’ossigeno. Le vie della nostra città si sono riempite di bandiere rosse, di compagne e compagni da tutta Italia, che al grido di “Insorgiamo!” hanno raccolto l’appello del Collettivo di Fabbrica GKN.
Lavoratrici e lavoratori, precarie e precari, persone che hanno perso il lavoro, cittadine e cittadine che chiedono pace, che rivendicano diritti, sanità per tutte e tutti e salari decenti. Tutte queste lotte, tutte queste rivendicazioni sono state portate in piazza con forza e gioia, creando una “convergenza” a cui hanno partecipato in migliaia.
Ringraziamo il Collettivo di Fabbrica, tutte le organizzazioni che hanno reso possibile a questa giornata e le compagne e i compagni, tra cui moltissime e moltissime del Partito della Rifondazione Comunista – SE, che sono arrivate da tutta Italia.
Condanniamo fermamente l’aggressione della Russia all’Ucraina, che porta morte, distruzione e sofferenze alla popolazione civile, e che non può trovare giustificazione alcuna.
Siamo fermamente contrari a qualunque espansione della NATO, che provoca tensioni e conflitti in Europa come in altre parti del mondo; la NATO ha continuato ad allargarsi verso l’est Europa nonostante gli accordi presi dopo la fine del Patto di Varsavia
Riteniamo inaccettabile la decisione del Governo e del Parlamento italiani per l’invio di aiuti militari, in netto contrasto con l’art.11 della nostra Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli e di risoluzione delle controversie internazionali”. L’invio di armi in Ucraina espone il nostro Paese a un grave rischio, ponendolo in una condizione di possibile cobelligeranza, che nell’escalation potrebbe comportare pericoli devastanti, data la presenza di testate nucleari nelle basi NATO italiane.
Condanniamo la posizione dell’Unione Europea, che invece di adoperarsi per una soluzione del conflitto alza il livello dello scontro inviando truppe e armamenti nella zona di guerra.
Denunciamo i gravissimi danni ambientali della guerra, già da otto anni causa del forte inquinamento dei terreni agricoli in Donbass, danni che si moltiplicheranno soprattutto per i paesi con forte dipendenza energetica come il nostro, in cui Draghi parla addirittura di riapertura delle centrali a carbone.
Chiediamo:
l’immediato cessate il fuoco e il ritiro delle truppe dall’Ucraina
la ripresa di trattative, a partire dagli accordi mai rispettati di Minsk del 2014, che prevedevano l’impegno dell’Ucraina a garantire l’autonomia delle regioni di Doneck e Lugansk e la tutela della popolazione russofona
una soluzione diplomatica del conflitto nel contesto e con la presenza di organismi internazionali, che garantiscano la sicurezza di tutte le parti e l’autodeterminazione di tutte le popolazioni coinvolte
che l’Unione Europea eserciti ogni sforzo per realizzare una vera trattativa tra le parti, e non invii aiuti militari
protezione, assistenza, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua cultura e generi, con particolare attenzione alla comunità LGBTQIA+ Ucraina. Accoglienza per i profughi di tutte le guerre, senza distinzione di nazionalità
sicurezza condivisa e disarmo come uniche soluzioni alla guerra
un’Europa senza armi nucleari dall’Atlantico agli Urali
il ritiro di formazioni armate straniere, milizie armate e mercenari stranieri dalla zona di conflitto
Il prezzo di questa guerra, anche in termini economici, verrà pagato dalle popolazioni di tutta Europa. Le cittadine e i cittadini italiani pagheranno l’aumento degli investimenti in armi con una ulteriore penalizzazione dei servizi essenziali (sanità, scuola, trasporti) e con aumenti insostenibili del costo della vita.
L’intensificarsi dello scontro armato porterà profitti enormi solo all’industria bellica.
Fermiamo la guerra in Ucraina Fermiamo tutte le guerre nel mondo
Manifestiamo in corteo a Firenze: venerdì 11 marzo ore 17:30 in piazza Santissima Annunziata
Come donne e uomini di pace vogliamo manifestare la nostra vicinanza alle popolazioni civili, vere vittime del conflitto in corso. La condanna dell’invasione russa è totale perché non ha cercato soluzioni negoziate e persegue una visione imperialistica. In un momento così delicato, con una guerra che rischia di produrre un’escalation senza precedenti, sarebbe però un errore gravissimo schierarsi in modo acritico, vista la sconsiderata politica di allargamento ad est che la NATO ha perseguito negli ultimi due decenni, destabilizzando pericolosamente i precedenti equilibri.
Ora occorre una mobilitazione decisa contro la guerra. È necessario che tanto l’Italia quanto l’intera Europa intervengano per un immediato cessate il fuoco e per riportare la diplomazia a lavorare ad una soluzione del conflitto. L’Italia nella sua Costituzione ripudia la guerra come soluzione delle controversie internazionali e questa indicazione deve essere alla base dell’operato del nostro paese in questa situazione di crisi umanitaria.
La pace si costruisce perseguendo il dialogo e ricercando le condizioni che la possano garantire anche attraverso la disponibilità a rivedere alleanze militari o l’applicazione di accordi come quello di Minsk riconosciuto dalla Comunità Internazionale. Serve quindi che il nostro Paese prenda le distanze da qualsiasi posizione contraria ad un vero processo di pace, rifiutando un conflitto che, come al solito, si alimenta di interessi economici e geopolitici e schiaccia diritti e vite umane.
Per questo facciamo appello a tutti coloro che anche sul territorio del Mugello vogliono costruire un vero movimento che chieda la fine della guerra e la ricerca di negoziati diplomatici per rimuovere ogni ostacolo alla costruzione di una pace duratura. L’Europa e il nostro paese si facciano inoltre carico di accogliere coloro che fuggono da questa e da altre guerre in un doveroso slancio umanitario che rispetti il diritto di questi uomini, donne e bambini a vivere in pace guardando con speranza al futuro.
Aderisci alla pace. Sottoscrivi l’appello scrivendo a mugelloperlapace@gmail.com
Simona Baldanzi, scrittrice Massimo Rossi, giornalista Pietro Cardelli Daniele Bianchini, giornalista Caterina Corti, consigliera comunale Scarperia-San Piero a Sieve Tatiana Bertini, consigliera comunale Scarperia-San Piero a Sieve Lorenzo Verdi, consigliere comunale Borgo San Lorenzo Leonardo Romagnoli, consigliere comunale Borgo San Lorenzo Enrico Carpini, consigliere comunale Barberino di Mugello/consigliere metropolitano Paola Nardi, consigliera comunale Barberino di Mugello Stefano Berni, consigliere comunale Barberino di Mugello Emiliano Salsetta, consigliere comunale Vicchio Lorenzo Banchi, consigliere comunale Vicchio Hanno aderito inoltre le liste civiche LiberaMente a sinistra, Borgo in Comune, Ora Barberino, Officina 19 Vicchio e il Partito della Rifondazione Comunista Zona Mugello
Dmitrij Palagi, Sinistra Progetto Comune Lorenzo Palandri, Segretario provinciale Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea Firenze
“Campagna arrivata stamani in piazza Dalmazia, promossa da Rifondazione, con conferenza stampa a cui hanno partecipato anche Dmitrij Palagi (Sinistra Progetto Comune), Enrico Carpini (Territori Beni Comuni) e Lorenzo Ballerini (Campi a Sinistra)”
Queste le dichiarazioni di Dmitrij Palagi, consigliere comunale Sinistra Progetto Comune: “Questa mattina abbiamo partecipato alla conferenza stampa lanciata da Rifondazione Comunista – Sinistra Europea per ribadire la necessità di politiche energetiche adeguate al XXI secolo e sostenibili: il pianeta può sopravvivere all’umanità, pretendere scelte radicali e rapide è un atto di egoismo per la sopravvivenza della nostra specie, ma chi governa sembra dimenticarlo. Crisi sanitaria ed economica segnalano la necessità di scelte chiare, dalla parte delle classi sociali più in difficoltà e fragili”.
Queste le dichiarazioni di Lorenzo Palandri, segretario provinciale di Rifondazione Comunista Firenze “Ringraziamo gli istituzionali della sinistra presenti questa mattina con noi in piazza (oltre al gruppo consiliare di Firenze c’erano anche Territori Beni Comuni della Città Metropolitana, con Enrico Carpini, e Campi a Sinistra, con Lorenzo Ballerini). La nostra iniziativa è nazionale ma a disposizione per la costruzione di percorsi unitari, tanto nella società, quanto a livello elettorale. Abbiamo bisogno di conflitto e opposizione, per difendere la vita quotidiana di chi vive del proprio salario, a loro dobbiamo unità ed efficacia.
A Firenze prosegue la campagna Aranc’è con la vendita delle arance solidali, per creare una cassa di resistenza da mettere a disposizione a chi deve scegliere se arrivare a fine mese o accendere il riscaldamento. L’abbiamo collegata alla mobilitazione nazionale di cui riportiamo la piattaforma”.
Questa la nota nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea.
“Oggi e domani saremo in piazza in tutta Italia per la campagna contro l’aumento delle bollette e il carovita. L’aumento dei prezzi che ha toccato a gennaio il 4,8% trainato dall’aumento delle bollette di luce e gas colpisce duramente soprattutto lavoratori dipendenti e autonomi, i ceti popolari in generale, già allo stremo a causa della crisi e di salari e pensioni tra i più bassi d’Europa. Ci sono 5 milioni di lavoratrici e lavoratori che hanno stipendi mensili sotto i mille euro e centinaia di migliaia di partite iva hanno dovuto cessare l’ attività. Nel nostro martoriato paese ben il 27% della popolazione è a rischio povertà. La situazione per le famiglie a basso reddito è molto più grave di come viene dipinta dalle statistiche per la concomitanza di due fattori. Il primo è che tanto più basso è il reddito, tanto più assorbente diventa la quota di salario destinata all’acquisto dei beni di prima necessità e a pagare le bollette, arrivando in molti casi ad assorbirlo tutto.
In secondo luogo perché sono proprio questi beni di sussistenza ad aver subito insieme alle bollette aumenti esorbitanti. Altro che 4,8%! Generi di base indispensabili come l’olio, la verdura e la pasta sono aumentati secondo l’Istat fino a due tre volte il tasso d’inflazione! E una situazione drammatica prodotta da anni di blocchi contrattuali, di aumenti così limitati, non solo nei contratti pirata, da essere annullati dall’inflazione in pochissimo tempo anche perché ancorati a un indice, l’IPCA che esclude i prezzi dell’energia. È ora di rilanciare le lotte per imporre al governo e ai padroni salari dignitosi nel pubblico e nel privato contro l’intenzione palese di scaricare l’inflazione sui salari e sulle pensioni.
Chiediamo al governo di approvare subito un provvedimento di blocco degli aumenti delle bollette come in Francia e Spagna, di calmierare i prezzi dei beni di prima necessità, di introdurre un salario minimo legale di 10 euro netti all’ora per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, di reintrodurre uno strumento automatico di adeguamento di salari e pensioni all’inflazione come la scala mobile”.
Il 7 dicembre 2020 ci lasciava Lidia Menapace, una compagna che ha dato tanto non solo al nostro Partito ma alla Repubblica tutta.
Lidia, donna dall’intelligenza e dalla sensibilità non scontate, è stata tante cose: è stata staffetta partigiana, è stata una fervente attivista antimilitarista ma, soprattutto, è stata una comunista. Ricordiamo Lidia Menapace e le sue lotte venerdì 3 dicembre 2021 alle ore 21.00 presso l’SMS di Rifredi (via Vittorio Emanuele II 135).Interverranno- Vania Bagni, responsabile coordinamento donne ANPI – Paolo Ferrero, vicepresidente Sinistra Europea – Luca Milani, presidente del Consiglio comunale di Firenze – Rosangela Pesenti, storica, scrittrice, attivista femminista introdottə e coordinatə da Lorenzo Palandri, Segretario provinciale Rifondazione Comunista – SE di Firenze
Segreteria Provinciale Rifondazione Comunista – SE Firenze Giovani Comunistə Firenze
Dalla lettura della rassegna stampa locale abbiamo capito che l’Assessora Del Re e il Sindaco Nardella non usano Booking.com e che, probabilmente, vivono su tutto un altro pianeta.
Non si spiegherebbe altrimenti lo stupore davanti all’evidenza (che accompagna invece tutta la normale cittadinanza) del fatto che gli “student hotel”, studentati di lusso, sono di fatto alberghi mascherati. Basta fare un veloce giro sulle piattaforme di viaggio e prenotazione per rendersi conto come in queste strutture la destinazione turistica non sia affatto un’eccezione.
E a poco serve l’indignazione della Giunta che, di fronte ai numeri, promette regole e vincoli più stringenti in vista dell’apertura di nuovi studentati, in particolare quello annunciato in via Pietrapiana, nell’ex palazzo delle Poste progettato dall’architetto Michelucci a due passi da Piazza Sant’Ambrogio. Il problema sta a monte.
Il problema risiede nel fatto che esistono, evidentemente, diverse tipologie di studentə: c’è chi si può spostare e può permettersi di spendere oltre 12.000 euro l’anno solo per un alloggio esclusivo (perché è questo di cui parliamo) e c’è chi, ritrovandosi fuori sede, deve svincolarsi periodicamente tra bandi e contributi per un posto in un alloggio dell’ARDSU. Svendere la città alle grandi multinazionali e concedere autorizzazioni per l’apertura di student hotel non significa portare avanti una politica per chi è giovane e studia: servirebbe piuttosto lavorare per diminuire il prezzo degli affitti per lə studentə, combattere il fenomeno degli affitti in nero e creare una vera connessione culturale, professionale e tecnologica tra città ed Università.
Il problema risiede nel fatto che, sulla carta, la Giunta guidata dal Sindaco Nardella ha fatto mea culpa, dicendo di voler affrontare seriamente il problema della vivibilità del centro ma in realtà la città sta tornando ostaggio di orde turistiche, macinanti oggetti griffati e luoghi cult, che non vengono né gestite né controllate. La gestione della città continua ad essere finalizzata all’implementazione del turismo. Tutto viene pensato e gestito in funzione del turista che viene a visitare la “città più bella del mondo”. A scapito, ovviamente, di chi in questa città ci abita e che deve divincolarsi tra tavolini sparsi ovunque, viabilità fuori controllo, stravolgimento del tessuto economico e sociale.
L’apertura del nuovo studentato per ricchə (ci sembra la definizione più adatta) in via Pietrapiana sarà una sciagura, una decisione nefasta per la quale pagheremo le conseguenze a lungo, dal momento che andrà ad intervenire su una delle poche zone del centro che ancora oggi, per quanto con i suoi problemi, conserva un tessuto socio-economico a misura di cittadinə. Il mercato di Sant’Ambrogio, i piccoli negozi di quartiere e le relazioni umane che animano la zona rischiano di essere spazzate via da una struttura del genere, che con la sua presenza stravolgerà la vita del quartiere e il modo di viverlo.
Circolo di Rifondazione Comunista di Firenze Sud – Galluzzo
Quest’anno l’11 agosto a Firenze si caratterizza assai giustamente nel sostegno agli operai GKN e, ovviamente, a tutti gli operai sottoposti ad attacco in numerose altre realtà, sebbene meno eclatanti dal punto di vista numerico.
Oggi più che mai quindi ricordare la liberazione dal fascismo significa anche lottare per la liberazione dal capitalismo che, è bene ricordarlo, si era annesso da subito il fascismo per utilizzarlo come braccio armato per reprimere un movimento operaio che stava assumendo dimensioni e forza eccezionali.
Vorrei quindi ricordare il periodo della resistenza a Firenze dal punto di vista delle fabbriche; sebbene posta al di fuori dell’allora “triangolo industriale”, Firenze era sede di almeno due delle fabbriche più importanti e all’avanguardia del paese, il Pignone e le Officine Galileo (per non parlare di una importante sede della FIAT). Ciò dava al movimento operario fiorentino una forza numerica e qualitativa ben superiore alla dimensione della città.
A partire dal 25 settembre 1943, anche Firenze non fu risparmiata dai bombardamenti. Essi miravano a colpire, in particolare, strade e le linee ferroviarie. I primi avevano interessato la zona di Campo di Marte per poi estendersi, nei mesi successivi, anche ad altre aree. Sabato 11 marzo 1944 era stata la volta di Careggi, del polo industriale di Rifredi e della zona di San Jacopino .
I bombardamenti quindi non avevano risparmiato neppure le fabbriche. Proprio in zona Rifredi erano situate alcune delle più importanti industrie cittadine: la Galileo, attiva nella produzione di materiali ottici, di puntamento e di apparecchiature elettriche per armamenti, che nel 1943 occupava più di 4.870 operai; la Pignone, da cui uscivano elmetti, macchinari, proiettili per marina e mine, la Superpila e la FIAT, a Novoli, che dava lavoro a 1.250 persone impiegate nella produzione di materiali per l’aviazione.
Fu proprio nei mesi che precedettero la ritirata dei tedeschi che emerse il malcontento degli operai, scandito dalle prime manifestazioni di dissenso. Se l’ubicazione geografica e la struttura sociale di Firenze, con agglomerati industriali più piccoli di quelli del Nord, l’avevano resa poco permeabile agli scioperi che nel marzo 1943 avevano avuto notevole successo a Torino e a Milano, ciò non vuol dire che anche nel capoluogo toscano non ci fossero segni di malcontento. I tedeschi, infatti, avevano continua necessità di produrre ed erano disposti anche a pagare somme molto alte, con grande vantaggio per gli industriali che, se da una parte incassavano di più, dall’altra tenevano comunque i salari degli operai bloccati, riducendone di giorno in giorno il potere di acquisto.
La prima mobilitazione antifascista iniziò a prendere corpo nei principali stabilimenti cittadini con la circolazione di opuscoli, fogli informativi e la raccolta di offerte a favore dei perseguitati politici e delle loro famiglie. Vennero anche messe in opera misure di sabotaggio della produzione, rallentando le fasi della lavorazione o creando pezzi fallati e incompleti.
Proprio durante l’estate 1943, su iniziativa del Partito Comunista, venne costituito a Rifredi, all’interno del locale Sottocomitato di Liberazione, il Comitato Settore industriale. Diretto dal comunista Mario Fabiani, futuro sindaco di Firenze, era formato da rappresentanti delle imprese più importanti. Sotto la spinta di questa forza di opposizione, nell’inverno fra il 1943 e il 1944, si susseguirono dimostrazioni e proteste generate dal peggioramento delle condizioni di vita. Le richieste dei lavoratori erano prevalentemente di tipo economico, ma possedevano anche un chiaro significato politico.
Le prime due fabbriche fiorentine in cui ebbero luogo, a fine di gennaio ‘44, manifestazioni organizzate dal Partito Comunista, furono proprio la Galileo e la Pignone.
Presso la Galileo, il giorno 27, il Comitato di Agitazione, diretto da Fabiani e con la collaborazione di Alfredo Mazzoni e Leo Nigro, capeggiò i lavoratori che, in segno di protesta, rallentarono la produzione e, in certi reparti, la bloccarono. Alla Pignone, sotto la guida del Comitato aziendale composto da Otello Bandini, Alviero Biagiotti, Tiberio Ciampi, Gino Lulli, Galliamo Melani, Nello Secci, Paolo Tincolini, i dipendenti iniziarono la loro mobilitazione per ottenere aumenti salariali e supplementi alla tessera del pane, incontrando un netto rifiuto da parte dei dirigenti sindacali fascisti, che spalleggiavano la proprietà.
Un mese più tardi, il 3 marzo, un grande sciopero bloccò la produzione in tutte le principali fabbriche cittadine. Esso fu preceduto da attentati incendiari a opera dei gappisti compiuti contro la sede dei sindacati fascisti, in seguito ai quali vennero distrutti gli schedari con i nomi dei lavoratori destinati a essere deportati in Germania.
In questa fase di lotta si distinse, in particolare, la Manifattura Tabacchi il primo stabilimento (dal 1940 occupava la nuova sede delle Cascine) che entrò in sciopero e le cui maestranze erano allora per il 90% femminili. Le sigaraie, attivissime nella protesta, si scagliarono contro Raffaele Manganiello, Prefetto della Provincia, giunto in fabbrica per intimare loro che fosse ripreso il lavoro: «abbiamo fame, vogliamo la pace e non vogliamo che i nostri figli siano mandati a morire per Hitler».
I nazifascisti non tardarono a punire gli operai compiendo vasti rastrellamenti con l’intenzione di creare un deterrente verso possibili e ulteriori azioni di lotta. Centinaia di lavoratori furono prelevati, soprattutto nel popolare rione di San Frediano e in modo analogo in diverse zone industriali della provincia, come Prato ed Empoli.
L’8 marzo 1944 partì da Firenze un trasporto di deportati politici con destinazione Mauthausen: il “carico” era composto da 597 uomini, 338 dei quali arrestati in Toscana. Tra questi anche Thos Bonardi, Ugo Bracci, Dino Mangini, Narciso Niccolai, tecnici della Pignone arrestati per aver partecipato allo sciopero dei primi di marzo. Nessuno di loro farà più ritorno.
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