La visita di Blinken ha portato a un’escalation di massacri lungo la Striscia di Gaza.
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha confermato che il risultato diretto della visita del Segretario di Stato americano Antony Blinken nella regione è l’escalation di massacri lungo la Striscia di Gaza e un aumento del ritmo della guerra genocida contro il nostro popolo, in mezzo al supporto e all’appoggio assoluti forniti dall’amministrazione americana all’entità criminale sionista.
L’amministrazione americana sta guidando questo genocidio, mobilitando le sue flotte nella regione per continuare il genocidio del nostro popolo e l’aggressione contro i popoli della regione. Non c’è soluzione a questo brutale attacco coloniale se non la resistenza in tutta la regione.
Blinken ha concesso al governo nemico un nuovo mandato per continuare l’aggressione e la guerra genocida, che l’esercito di occupazione criminale ha tradotto in massacri e operazioni di sfollamento nella Striscia di Gaza, l’ultima delle quali è stata l’assedio di decine di migliaia di sfollati a ovest di Khan Younis con carri armati e bombardamenti.
Gli Stati Uniti non sono un mediatore e ciò che sta accadendo non è un conflitto marginale. Questo è un genocidio guidato dall’amministrazione americana, profondamente coinvolta nella sua pianificazione ed esecuzione insieme al nemico criminale. I popoli della regione devono accogliere la visita del criminale di guerra Antony Blinken con rabbia e rivolte contro i crimini di guerra sionisti-americani contro il nostro popolo.
Gli Stati Uniti hanno deciso di genocidiare il nostro popolo a Gaza per garantire il controllo dell’entità sionista sull’intera regione, senza incontrare alcuna significativa opposizione internazionale o araba a questo crimine storico. La guerra genocida ha rivelato l’entità della dipendenza e dell’umiliazione che i governi e le élite arabe hanno scelto come loro strada.
Il nostro popolo, con le sue capacità limitate, non può fermare il genocidio e ha urgente bisogno dell’aiuto di tutti i suoi alleati e amici per affrontare la coalizione genocida. Tuttavia, può trovare e attivare strumenti per infliggere costi elevati all’occupante e a tutti coloro che hanno partecipato al genocidio del nostro popolo.
Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina Dipartimento Centrale dei Media 20 agosto 2024
Amnesia coloniale. Riferito alla classe politica e a tanti sinceri democratici italiani ed europei intervistati dai media ufficiali, l’accostamento di queste due parole (suggerito da Francesca Albanese) segnala, come meglio non si può, la presenza costante e discreta del passato coloniale dell’Europa ogni qual volta la conversazione verte sullo Stato d’ Israele e, più in generale, sull’impresa sionista di uno Stato ebraico in Palestina.
Che si tratti del regime di apartheid o dei mandati di arresto a Netanyahu e al ministro della guerra Gallant, o del “plausibile” genocidio in corso a Gaza, sembra d’obbligo che il primo pensiero vada allo Stato d’Israele e al timore che la sua immagine possa uscirne offuscata, oppure, come variante, si evoca il processo di pace (che non c’è).
Mi chiedo se siffatta sensibilità, fortemente contrastante con l’immagine di un’Europa che si vuole fondata sui diritti umani e sul diritto internazionale non sia l’effetto, appunto, di un’amnesia coloniale che aiuta a non vedere l’analogia fra il colonialismo d’insediamento israeliano in Palestina e quello britannico in America, francese in Algeria o boero in Sud Africa. Il fatto è che considerare Israele una colonia dell’Europa – l’ultima colonia dell’uomo bianco – significherebbe compiere una formidabile scelta di classe e parteggiare con i paesi del Sud del mondo, in maggioranza ex colonie. Una scelta per taluni angosciosa perché essere fedeli ai propri principi democratici e internazionalisti comporta un colossale tradimento della propria storia e delle proprie alleanze euro- atlantiche, nonché la rinuncia ai propri interessi geostrategici.
Perciò s’impone l’uso dei due pesi due misure, perciò tutto deve partire dal 7 Ottobre per non fare i conti col passato, perciò tutto è colpa di Hamas e Israele ha il diritto di difendersi.
Con non pochi scricchiolii questa posizione scomoda ha retto fino ad oggi. Ma al 7 Ottobre sono seguiti 10 mesi di ininterrotta aggressione israeliana su Gaza via mare, via terra e dal cielo e 50.000 morti (compresi i 10.000 sotto le macerie), o forse molti di più: infatti, per la rivista medica britannica The Lancet, calcolando anche i morti per fame, per disidratazione, per le epidemie, per il non accesso alle cure, il numero più probabile di decessi si aggira intorno a 186.000. A tale abisso di devastazione umana e ambientale si aggiunge la pervicacia con cui il governo israeliano porta avanti la propria politica di guerra uccidendo d’un sol colpo il Capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh e il negoziato stesso. E lo fa violando nei cieli la sovranità dell’Iran dopo che la vigilia aveva violato quella del Libano per uccidere Fuad Choukr, comandante di Hezbollah.
In questo quadro interviene Bezalel Smotrich, ministro delle finanze del governo israeliano leader dell’estrema destra suprematista che dice: “affamare a morte due milioni di palestinesi è la cosa più morale da fare … portiamo aiuti perché non c’è scelta … Nessuno ci permetterebbe di causare la morte per fame di due milioni di civili, anche se sarebbe giustificato moralmente, fin quando i nostri ostaggi non torneranno a casa» (Il Manifesto, l6 Agosto 2024).
Viene in mente lo slogan “un baluardo di civiltà contro la barbarie” con il quale, all’inizio del secolo scorso, i sionisti presentavano il loro progetto di uno Stato ebraico in Palestina ai governi europei per ottenerne l’appoggio, un progetto genocidario in partenza dove il futuro era già tutto scritto e annunciato dallo slogan “una terra senza popolo per un popolo senza terra” e confermato a più riprese dalle parole dei dirigenti sionisti di allora; come se non bastassero, alla Conferenza di Versailles (1919), le carte della Palestina presentate dalla delegazione sionista portavano la scritta “Pasture land for nomads”, terra a pascolo per nomadi.
La prima pulizia etnica su grande scala fu la Nakba del 1948, la messa a ferro e a fuoco del territorio della Palestina, che l’Assemblea Generale dell’ONU aveva raccomandato di spartire, e la cacciata dei suoi abitanti verso sud, verso Gaza, città allora fiorente, crocevia della rotta mediterranea fra Alessandria d’Egitto e Alessandretta, oggi in Turchia. Una città tipicamente levantina dove le tre religioni monoteiste convivevano in armonia fra di loro e con gli abitanti degli 11 villaggi vicini. Nel 1948 arrivò Ben Gourion e diede ordine (Ordine numero 40 negli archivi israeliani da poco desecretati) al suo esercito di radere al suolo gli 11 villaggi e di cacciare gli abitanti verso una striscia di terra da lui appena recintata lungo il mare: la “Striscia di Gaza”.
Sulla terra bruciata degli 11 villaggi, lo Stato d’Israele costruì i kibbutz che la resistenza palestinese attaccò il 7 ottobre 2023. Con la complicità degli USA e dell’UE e il beneplacito della maggioranza degli israeliani, la risposta del governo Netanyahu è consistita nel genocidio in corso a Gaza per accelerare l’attuazione del progetto sionista di uno Stato ebraico in Palestina: “una terra senza popolo…” Sui social girano video agghiaccianti di giovani israeliani, soldatesse e soldati che ballano e cantano intorno alle loro vittime a terra.
Con ciò lo slogan “un baluardo di civiltà contro la barbarie” si è capovolto: i sionisti, complici gli europei, cercano di obliterare l’antica civiltà palestinese e levantina sostituendola con la loro barbarie contro il popolo palestinese, oggetto, da oltre un secolo, di invasioni straniere, di una brutale colonizzazione d’insediamento, di pulizia etnica, di una frammentazione estrema dentro e fuori il proprio territorio. Il tutto studiato in modo da far dimenticare la parola che li contraddistingue: “ Palestina”. I palestinesi d’Israele (oltre il 20% della popolazione) vengono chiamati “arabi d’Israele, drusi, beduini…). Nel suo Atlante della Palestina 1871-1877, lo storico e cartografo palestinese Salman Abu Sitta scrive che la lotta di liberazione del popolo palestinese è “ l’affermazione di ciò che continua a definire loro stessi e le generazioni future. Il legame collettivo con la loro terra, documentato qui con una forza dirompente, costituisce la fonte della loro legittimità nazionale e nessuno gliela potrà togliere, neppure con la morte, il diniego, la dispersione e l’occupazione.”
Civiltà e barbarie ci riguardano. Allora onoriamo lo spirito di resistenza della Striscia di Gaza e la lotta di liberazione del popolo palestinese.
*Attivista, traduttrice e scrittrice. Autrice, tra le altre opere, di “Autobiografia del novecento. Storia di una donna che ha attraversato la storia”, Il Saggiatore, 2018.
L’occupazione sionista continua a oltrepassare tutte le linee rosse prendendo di mira le tende e i rifugi degli sfollati.
In un nuovo massacro sionista, il nemico ha commesso un crimine orribile prendendo di mira le tende degli sfollati attorno all’ospedale dei martiri di Al-Aqsa nel centro di Gaza, provocando il martirio e il ferimento di molti civili innocenti.
Il continuo prendere di mira tende, ospedali e scuole che danno rifugio agli sfollati, come visto ieri con la scuola Hamama a Sheikh Radwan, è una trasgressione persistente di tutti i divieti e una violazione di tutte le linee rosse. L’occupazione criminale continua a concentrare la sua aggressione prendendo di mira i civili disarmati nei rifugi e negli ospedali, intensificando i bombardamenti e le distruzioni e diffondendo devastazione, fame e malattie nella Striscia.
Il nemico commette questi massacri mentre i suoi soldati e ufficiali fuggono dal campo di battaglia quando non riescono ad affrontare i nostri coraggiosi combattenti della resistenza. Ricorrono a prendere di mira civili innocenti per compensare le sconfitte subite e le pesanti perdite subite a causa della resistenza.
I crimini commessi dalla macchina omicida sionista contro il nostro popolo, con la partecipazione americana e la palese copertura e sostegno occidentale, rivelano la vera natura delle posizioni parziali dell’Occidente e del suo disprezzo per le vite dei palestinesi. Ciò conferma che il sionismo talmudico è profondamente radicato nelle menti delle potenze occidentali che colludono e sostengono i crimini dell’occupazione.
Non importa quanto feroce diventi il nemico sionista sconfitto e codardo e non importa quanto profondamente colpisca i civili, il suo destino sarà l’estinzione come tutti i precedenti colonizzatori. Il sangue del nostro popolo oppresso a Gaza sarà un ponte verso la liberazione e il ritorno, e una maledizione che perseguita l’occupazione, i suoi alleati e tutti i traditori.
Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina Dipartimento centrale dei media 4 agosto 2024
L’occupazione intensifica la sua aggressione contro Gaza City e bombarda i civili utilizzando armi americane proibite a livello internazionale, e non raccoglierà altro che vergogna e sconfitta.
Gaza City è testimone di una serie di continui attacchi aerei e cinture di fuoco “israeliani”, i più intensi degli ultimi mesi. Questi attacchi mirano a spianare la strada ai veicoli “israeliani” per tentare di entrare nelle aree della città, in particolare nei quartieri di Al-Daraj e Al-Tuffah, che non erano riusciti a prendere d’assalto nelle precedenti invasioni.
L’obiettivo principale dell’occupazione è continuare la distruzione sistematica e uccidere il maggior numero possibile di civili disarmati, creando ulteriori crisi umanitarie dopo aver chiesto a migliaia di civili di evacuare le loro case e fuggire sotto il fuoco dell’artiglieria pesante, dovendo dormire per terra e per strada senza poter portare via nulla dalle loro case.
L’occupazione continua ad assediare le aree di Tal Al-Hawa e Al-Rimal, mentre le famiglie sono intrappolate attorno alle università e alle rotonde industriali, utilizzando tutti i tipi di armi di fabbricazione americana proibite a livello internazionale contro il nostro popolo nella Striscia nel disperato tentativo di imporre la sua volontà e raggiungere i suoi obiettivi aggressivi.
L’unica cosa rimasta a questo nemico fascista è usare armi nucleari, rivelando la portata della sua brutalità e disponibilità a oltrepassare tutte le linee rosse e a violare tutte le leggi e norme internazionali senza responsabilità.
Questa escalation sionista mira anche a fare pressione sulla resistenza affinché ammorbidisca la sua posizione nei negoziati. È un metodo vile e codardo che si basa sul prendere di mira e uccidere i civili e distruggere le loro case come mezzo di ricatto; tuttavia, la resistenza è pienamente consapevole di questi tentativi sionisti, determinata a soddisfare tutte le sue richieste, ad affrontare la nuova escalation sionista e a contrastare i suoi obiettivi dannosi, avendo in mano le carte della pressione e della forza per raggiungere questo obiettivo.
Da questi crimini il nemico sionista non raccoglierà altro che vergogna e sconfitta; il nostro popolo e la resistenza hanno dimostrato la loro capacità di resistere e sfidare un’aggressione brutale e codarda, e questa nuova aggressione a Gaza City senza dubbio fallirà, con l’occupazione che uscirà sconfitta e umiliata dopo aver ricevuto colpi significativi dalla resistenza.
Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina Dipartimento centrale dei media 8 luglio 2024
Propongono no fly zone NATO in Ucraina e si astengono su Palestina Pubblicato sul Sito Nazionale 11 mag 2024
Oggi alcuni parlamentari tedeschi del centrodestra e dei Verdi hanno lanciato la proposta di una sorta di no fly zone NATO in Ucraina. L’alleanza atlantica dovrebbe garantire la difesa aerea di una fascia occidentale per consentire all’Ucraina di concentrarsi sul fronte. Si tratta di un’altra proposta folle e pericolosissima in direzione del coinvolgimento diretto della NATO nella guerra già avanzata dalla Polonia. Non amo le polemiche a sinistra ma invito i Verdi italiani che fanno parte dei Verdi Europei e in quel gruppo andranno di assumere pubblicamente una posizione contraria. Leggo l’amico Bonelli che critica giustamente Giorgia Meloni per l’astensione all’Onu su Palestina. Però debbo fargli notare che la Germania, con la ministra degli esteri e leader dei Verdi Annalisa Baerbock, ha votato come l’Italia. A essere onesti i Verdi in Germania sono il partito più scatenato contro le proteste e la solidarietà con il popolo palestinese. In Italia finora non è stato ancora impedito a oratori in convegni sulla Palestina di entrare nel paese e persino di collegarsi via zoom. E’ quello che è successo in Germania a Yanis Varoufakis e al rettore dell’Università di Glasgow. In Italia non c’è stato ancora nessun episodio di irruzione della polizia in un convegno sulla Palestina per impedirne lo svolgimento. In Germania non c’è la destra al governo ma socialdemocratici e verdi che sono, tra l’altro, i guerrafondai più accaniti. Il settimanale Spiegel ha dedicato la copertina alla mutazione dei Verdi in partito filoisraeliano e sulle posizioni più oltranziste della NATO. Risultano deboli e poco credibili le critiche a Meloni se i Verdi europei fanno peggio di lei. Ho il legittimo sospetto che AVS abbia rifiutato fin dall’inizio ogni ipotesi di convergenza in una lista unitaria contro la guerra per non disturbare i Verdi Europei. Avrei preferito una larga unità contro la guerra e il genocidio a Gaza ma almeno che ci sia chiarezza su questioni fondamentali.
Maurizio Acerbo, segretario del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, candidato di Pace Terra Dignità
MANIFESTAZIONE / PRESIDIO ANTIMILITARISTA per la conversione produttiva della Leonardo da: fabbrica di armi di morte a fabbrica di beni di vita . ore 16 via delle officine Galileo Campi Bisenzio Il panorama bellico mondiale, con i conflitti in Ucraina, paesi africani, lo sterminio della popolazione civile palestinese, le sedicenti missioni di pace, vede un crescendo di morti e feriti, di distruzione di edifici, infrastrutture, ambienti naturali e agricoli; L’Italia è entrata in guerra, senza dichiararlo; il Governo ed il Parlamento italiani hanno assunto impegni di fornitura di armi e assistenza tecnico-militare a due paesi belligeranti (Ucraina e Israele). L’industria bellica italiana (Leonardo e affiliate), con il patrocinio del ministero della difesa, ha incrementato produzioni e ricerca di sempre nuovi strumenti di morte. Lo stato italiano continua ad aumentare il suo investimento nel militare (come da indicazioni NATO) sottraendo risorse ai servizi essenziali (sanità, scuola, trasporto pubblico, enti locali, etc.). Ad una narrazione ufficiale infiorettata di “grandi successi”, recitata fino alla noia, da ogni trasmissione televisiva, si affianca una “gran cassa” ideologica di militarizzazione della società, con la propaganda delle forze armate direttamente nelle scuole, l’aumento degli effettivi militari e dei loro stipendi e la volontà del ministero della difesa (sic) italiano di istituire un corpo militare di 40.000 riservisti, giovani donne e uomini, che affianchino all’occorrenza i militari di professione come carne da cannone. Siamo sempre più succubi di esigenze non nostre, ma pagate con i nostri soldi, come il progetto di nuovo comando operativo NATO per l’Europa Meridionale nella caserma Predieri a Rovezzano (Fi) e le basi militari di Coltano e Camp Derby (Pi) , o interventi diretti con uomini e mezzi, nelle cosiddette missioni di interposizione (Libano) e sicurezza navale (Mar Rosso-Canale di Suez). PER RIPUDIARE LA GUERRA OCCORRE: RIPUDIARE GLI ESERCITI, TOGLIERE RISORSE PUBBLICHE ALLE FORZE ARMATE ED ALLE FABBRICHE DI MORTE, PROMUOVERE LE SCELTE INDIVIDUALI E COLLETTIVE DI RENITENZA ALLA LEVA, DISERTARE OGNI STRUTTURA MILITARE GERARCHICA, OCCORRE OBIETTARE A RUOLI DI STERMINIO FRA UMANI , DI DISTRUZIONE DI BENI ARTIFICIALI E NATURALI; OCCORRE VALORIZZARE L’ETICA DI OGNI SOCIETÀ DI CITTADINI PENSANTI E SOLIDALI, COSTRUIRE INIZIATIVE DI BOICOTTAGGIO COMMERCIALE VERSO STATI IN GUERRA. La manifestazione antimilitarista testimonierà la volontà di iniziare una riflessione sulla conversione produttiva delle fabbriche di armi e di non farsi coinvolgere in guerre volute da stati nazionalisti ad economia capitalista e dalle loro alleanze armate. Assemblea Antimilitarista Toscana
Il senso dell’attacco iraniano a Israele resta ancora un enigma, e si rischia di perdersi nel fumo della propaganda. Anche i fatti sono coperti da questo fumo, e per esempio non sappiamo i danni reali causati alle basi israeliane colpite. Tuttavia si può cercare di usare una ragione indiziaria per mettere insieme alcune cose.
Interpretazione dell’attacco iraniano a Israele 1) Quando Israele attacca un’ambasciata straniera, in un paese straniero e sovrano, compie una violazione del diritto internazionale e di fatto equivale a una dichiarazione di guerra. Immaginiamo che cosa si direbbe se i russi bombardassero l’ambasciata francese in Polonia.
2) L’Iran deve rispondere per non perdere la faccia, ma lo fa senza esagerare. Avvisa con 72 ore di anticipo gli americani e tutto il mondo dell’attacco, da il tempo di organizzare una difesa capace di impedire che si facciano troppi danni, evita di colpire obbiettivi civili, forse anche per marcare la differenza con Israele.
3) Quello che abbiamo visto nei cieli israeliani è allora tutta una farsa, una simulazione alla Baudrillard? Una rappresentazione per le rispettive opinioni pubbliche? Molti lo pensano, ma credo sia un errore. Vediamo perché.
4) I droni hanno un costo, e anche i missili per abbatterli ne hanno uno, e bisogna capire il rapporto tra i due, che credo sia molto sfavorevole a Israele, e la guerra in Ucraina ha mostrato che armi moderne e utili sono anche troppo costose in conflitti lunghi.
5) Di quante riserve è dotata Israele per ricaricare quei sistemi di difesa? Non di un numero infinito. Quanti attacchi ripetuti di queste e di più ampie proporzioni può fronteggiare Israele? 5, 6 tornate? Che percentuale di riserve di missili è stata bruciata ieri? Il 20, il 30, il 50%? Difficile dirlo. Ma su questo bisogna ragionare per capire che quel gesto non è stato mera simulazione.
6) L’Iran ha detto: possiamo lanciare attacchi simili per settimane, ondate continue. Lo volete?
7) Ai droni bisogna anche aggiungere qualcosa di diverso. Notizie difficili da confermare dicono che sono stati lanciati non solo missili balistici, ma 4 missili ipersonici. Se fosse vero significherebbe che l’Iran è nel club dei pochi paesi che possiedono quest’arma che buca ogni difesa. in effetti parrebbe che questi siano arrivati dove dovevano arrivare.
8 ) Questo vuol dire che l’Iran ne possiede molti, e non ci sarebbe da stupirsi. L’Iran ha tolto le castagne dal fuoco alla Russia in un momento delicato e di grande difficoltà, fornendo quantità di droni in quel momento. Gli aerei che li trasportavano tornavano vuoti? Lo lasciamo credere alla von der Leyen e a Gentiloni. Possiamo ipotizzare che molte cose sono arrivate in Iran dalla Russia e non solo.
9) C’è una parte del mondo che oramai agisce in maniera forse non del tutto coordinata ma neanche spaiata. Dopo questo attacco ogni paese deve badare alle proprie difese antiaeree. Israele era stato forse tentato di fornire difese a Zelenskij, ma dopo questo se ne guaderà bene. Il ministero della difesa russo non solo non ha condannato l’attacco israeliano, ma ha ironizzato pesantemente riguardo alla richiesta di condanna. Messaggio chiaro anche lì: in Russia le lobbies ebraiche non contano più niente, i tentativi della finanza internazionale di piegarci sono falliti, c’è un sistema finanziario che oramai è impermeabile si poteri della grande finanza. Questo cambia il gioco geopolitico, finisce un”epoca. L’attacco iraniano indebolisce ancora l’ucraina.
10) L’Iran ha chiarito che se si fa sul serio, se viene attaccata, può affondare le portaeree americani. Che può fornire missili balistici ad altri. Russi e cinesi hanno essi stessi lanciato un avvertimento: l’Iran può fare una guerra per procura contro l’Occidente, come l’ucraina la sta facendo contro Mosca. E può diventare l’unico rappresentante della causa islamica, innescando un processo devastante in molti stati, per esempio in Giordania, in Iraq etc. Mi fermo, in un’analisi parziale, indiziaria.
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